“Il mio amore vale qualcosa?” Ombre e riverberi smorzati si nascondono nelle stanze segrete della nostra intimità, laddove sono custodite le lettere arpeggiate e le confessioni melodiche di “born again runner”. Lettere destinate a coloro che si sentono impossibilitati a esplicitare i propri sentimenti, mentre le parole, incastonate tra trame di chitarra acustica e un’elettronica che sa essere onnipresente e accattivante, senza mai essere superflua o invadente, ci spronano ad essere più determinati e a prendere il controllo delle nostre piccole esistenze, con la consapevolezza, però, che l’inferno di “tap” è perennemente dietro l’angolo, pronto a risucchiarci.
Tomberlin da voce al microcosmo di traumi e di ferite che segnano la nostra anima, rielaborandolo e amplificandolo, così da consentire a brani come “stoned” o “sunstruck” di sfidare il vuoto emotivo che corrompe il nostro tecnologico presente, un vuoto che ci rende eternamente immobili, proprio come quel minuscolo e scuro seme che resterà, per sempre, tale, che non avrà mai delle radici, un tronco, delle foglie. Ed invece l’artista americana scava nella propria storia passata, nell’educazione radicale ricevuta, nel successivo allontanamento, nelle esperienze affrontate, nelle scelte che, spesso, si sono dimostrate sbagliate, costruendo delle stratificazioni sonore sulle quali, adesso, è liberatorio e confortante confrontarsi. Vi sono, infatti, momenti nei quali è fondamentale ascoltarsi, sintonizzarsi sul canto intimo dei propri pensieri e delle proprie emozioni; non resteremo bloccati tra le ipotesi di “happy accident”, ma troveremo il coraggio di rompere gli schemi di solitudine e isolamento, i tanti lockdown che continuano a vivere e moltiplicarsi dentro di noi, con l’illusione virale di un futuro, di un traguardo, di una meta che, ovviamente, non potranno arrivare mai.
Le atmosfere indie-folk di “I Don’t Know Who Needs To Hear This…” sono una finestra aperta su un domani vero, su un tempo che sia svincolato dall’egoismo e che non sia più trattenuto dalla paura, perché anche la vulnerabilità e la fragilità, anche i dubbi e le domande che rimangono senza risposta, anche il buio e la notte interiore, possono essere un punto di forza per evadere dalla questa nostra isola virtuale e incontrare coloro che sono come noi, che parlano come noi, che soffrono come noi, che sognano come noi.
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