Un prezioso artefatto di architetture paranoiche? La caduta in un fantastico abisso di ombre elettroniche e malinconia? L’arrogante deriva autoreferenziale di un essere umano che non riesce ad andare oltre il suo plastico passato? Fatto sta che Thom Yorke, Jonny Greenwood e Tom Skinner, complice una primavera che ci esorta ad abbandonare le sobrietà invernali, ci spronano ad uscire dall’arido deserto cibernetico, ampliato dalla recente pandemia, nel quale ci stavamo smarrendo, spingendoci ad arricchire il nostro background emotivo di vibrazioni d’indole fuorviante, sinfonica, jazzistica, sperimentale e punkeggiante, nonché di sguardi equivoci e di parole blasfeme. Di tutto ciò può farci ancora innamorare.
Il sorriso di “A Light For Attracting Attention” è il sorriso di un falso profeta, il sorriso di un bugiardo, il sorriso di un pagliaccio, il sorriso di un ingannatore, il sorriso di un predatore che, sfruttando o meglio ancora nascondendosi dietro la scienza e la tecnologia, tenta di piegare il mondo intero alla sua volontà, obbligando le persone comuni ad essere al servizio di uno stato, di una società, di un’ideologia economica, di una morale, di un insieme di norme e di leggi pregiudiziali, le quali diventano sempre più disumane, più abominevoli, più assurde, più ostinate, più bramose di invadere la nostra intimità. Un modo violento di concepire la politica del quale l’Italia, purtroppo, è divenuta un triste, ottuso, malsano e moribondo esempio. A tutto ciò gli Smile contrappongono una bellezza rarefatta, fragile e traballante, la voglia di evadere dalla prigione di passività nella quale veniamo, quotidianamente, umiliati, considerati alla stregua di bambini che non sono in grado di scegliere e di decidere il proprio bene.
Un idiota col bavaglio, è così che pensano di controllarci ed, intanto, pianoforte e sintetizzatori costruiscono le loro scie luminose, spingendoci a non aver paura di respirare, a non aver paura di toccare, a non aver paura di essere così simili, di essere mossi dalle medesime emozioni, di essere affascinati dalle identiche passioni, quelle che riverberano in “The Same”, mentre le chitarre elettriche di “The Opposite” ci rammentano che per quanto questi piccoli despoti mascherati tentino, in tutti i modi possibili, di allontanarci gli uni dagli altri, il nostro fatale destino è quello della reciproca attrazione, perché è ciò che è scritto nella carne e nel sangue, negli atomi e nelle molecole, nelle eliche che costituiscono il nostro DNA.
“Chi troverà una vena in cui infilare l’ago?”. Oggi, anche a causa della nostra ingordigia virtuale, della nostra estraniante apatia e della virale paura che condiziona i nostri comportamenti e le nostre più piccole decisioni, abbiamo costruito mostri che sarebbero assolutamente felici di iniettare i loro veleni nelle nostre vene, narcotizzandoci con quel miscuglio di sovranismo, di violenza, di razzismo, di militarismo, di cupidigia, di ipocrisia, di totalitarismo, di bigottismo che oscura le nostre coscienze, indebolisce la nostra consapevolezza, stupra – nel nome di Dio, della patria, della famiglia, del lavoro – la nostra libertà.
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