Si può pensare di smontare, destrutturare e sminuzzare quella che è la perfezione? I Calibro 35 ci provano e lo fanno con sapienza ed equilibrio; ortodossi quando non è possibile o pensabile fare altrimenti; eretici quando le narrazioni timbriche e sonore permettono di osare.
Fischi, trombe, riverberi e tutta la mitica ed eroica epopea western morriconiana, fatale e malinconica, rivive, in maniera sublime, nella band italiana, riuscendo a travalicare qualsiasi barriera emotiva, qualsiasi limite espressivo o linguistico, qualsiasi confine temporale ed aprendo, alla nostra fantasia e alla nostra immaginazione, uno spazio sconfinato nel quale perderci, rincorrendo i sogni dimenticati e liberandosi di quelle pressioni e quelle tensioni quotidiane che si sciolgono, come neve al sole, dinanzi alla grandiosità di quest’opera, che è tanto più grandiosa e stupefacente perché è il frutto dello studio, dell’impegno e della passione di un unico uomo.
C’è speranza, dunque, è questo il messaggio più bello che ci ha lasciato Ennio Morricone e che i Calibro 35 amplificano in questa loro rilettura umana e musicale. C’è un paradiso oltre le periferie urbane; c’è un paradiso oltre le nostre esistenze virtuali, rese ancora più tristi, più alienanti e più solitarie dalla recente pandemia e dalle follie, nelle quali siamo stati risucchiati da una classe politica che si è dimostrata assolutamente inetta, incapace e impreparata, perfetta ad interpretare, se fosse stato un film, il ruolo del cattivo di turno; un ruolo dal quale, ormai, non riesce più a staccarsi, tant’è vero che perfino una guerra, con il suo enorme e tragico carico di morte e di disperazione, viene usata per i propri scopi, a fini elettorali o propagandistici oppure, ancor peggio, per incensare il potente di turno.
Intanto “C’Era Una Volta Il West” è perfetta per questo mondo assurdo e spietato di mandanti e di sicari, nel quale i più forti stabiliscono le regole del gioco e decidono di prendere ciò di cui hanno bisogno per essere ancora più ricchi, più influenti e più potenti; nel frattempo Diodato, nel ruolo della inappuntabile Edda Dell’Orso, plasma il suo presente, un presente diverso, innovativo, avvincente, restando, però, in perfetta continuità con le melodie e le drammaticità del passato, riuscendo a dare scacco matto a tutti noi, estasiati dinanzi alla potenza iconica del maestro e, allo stesso tempo, affascinati dalle sperimentazioni e dalle vivide reinterpretazioni proposte dai Calibro 35 in questo primo volume di un’opera che emoziona.
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