Ed intanto nubi dense, prodotte da centrali a carbone e petrolio, oscurano il cielo delle nostre città, rendendole sempre più gelide, sempre più sporche, sempre più stanche, sempre più arrendevoli, mentre un vento tagliente porta le voci di un’altra guerra combattuta nel nome della giustizia, della democrazia e della verità.
Ma quale giustizia stiamo parlando? Di quale democrazia? Di quale verità? Viviamo in un’epoca così maledettamente parziale: è tutto così alieno, così estraniante, così artificiale, che, persino quei corpi immobili, frutto dell’ennesimo morbo o dell’ennesimo conflitto, sembrano appartenere ad un’altra storia, ad un’altra narrazione, ad un’altra dimensione che non è quella virtuale dalla quale ci facciamo, colpevolmente e consapevolmente, avvelenare. Ogni giorno, sempre di più.
Ed intanto i nove brani della band di Cincinnati, Ohio, sono un brutale assaggio di cruda verità; una verità che non vuole impartire lezioni, che non vuole inventarsi regole, che non vuole manipolare le persone, che non vuole essere né bianca, né nera, ma che, attraverso le sonorità punkeggianti ed industriali dei Crime Of Passing, riesce a trasmettere tutta la sua morbosa, bellicosa, drammatica inquietudine.
Le ritmiche elettroniche di “Hunting Knife” non offrono alcun appiglio sicuro, mentre i fantasmi di “Vision Talk” assumono consistenza materiale e ci rammentano che siamo troppo fragili, troppo divisi, troppo stupidi, troppo ostili, per salvarci, nonostante il romanticismo, epico e decadente, che traspare da brani come “Tender Fixation”, “Ways Of Hiding” o “Damrak”, da quell’accattivante coesione di basso, chitarra e voce che potrebbe trasformarsi in una via d’uscita estranea a ogni luogo comune, a ogni scolorita retorica, a ogni arrendevole compromesso politico. Saremo più forti di questi passaggi che, la stessa società di cui siamo parte, vuol farci sentire come passaggi obbligati? Sapremo ritrovare noi stessi?
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