“Heart Under” degli irlandesi Just Mustard tocca, fisicamente e spiritualmente, le ferite aperte della nostra società post-tutto, una società che è, sempre più, costituita da creature depresse e solitarie, chimicamente e mentalmente assuefatte al male; inermi strumenti corporei a disposizione dell’economia neo-liberista globalizzata.
Abbiamo paura di sbagliare, abbiamo paura di essere giudicati in maniera negativa, sentiamo l’obbligo – amplificato dalla rete e dai suoi finti modelli di perfezione, di benessere e di bellezza – di essere sempre performanti e produttivi. Eppure ci inceppiamo, eppure ci rompiamo, eppure le ansie e le inquietudini, che pervadono le sonorità shoegaze di questo album, sono parte di noi, vibrano nello spazio intimo dal quale emergono le trame di “23” e di “Seed”, brani che riescono a trasformare le nostre cupe e infelici ossessioni in qualcosa di positivo, fantasioso ed accattivante.
E’ il potere liberatorio della musica, la capacità di utilizzare le esperienze e i ricordi più dolorosi come una leva collettiva il cui obiettivo è quello di svincolarci dalle nostre esistenze asettiche che pretendono di cancellare, in modo artificiale, sofferenze e delusioni, sconfitte e fallimenti, perché controproducenti dal punto di vista dei meccanismi di produzione e di consumo. Ma, invece, è proprio l’accettazione di questi momenti bui a consentirci di evolvere e di migliorare, destrutturando il rumore e la cacofonia che invade le nostre anime lacerate e dando vita alle atmosfere cosmiche e minimali dell’album, a questi paesaggi introspettivi e profondi, senza più timore di mostrare quelli che sono i nostri limiti naturali, quelli che sono i nostri sentimenti e i nostri stati d’animo, senza più l’obbligo di sentirsi vincolati alle logiche perverse che dominano il mercato.
10 brani che rappresentano le luminose armi emotive con le quali battere il senso di inadeguatezza e accettarci per ciò che siamo, minuscoli fuochi che ardono, imperterriti, in una notte gelida e oscura.
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