Adeguarsi al costo della vita. Quante volte abbiamo ascoltato queste parole? A volte pronunciate con enfasi, altre volte con sarcasmo, altre volte con superficialità, quasi come se si trattasse di un nostro dovere, di un obbligo al quale, per essere accettati dalla società, dobbiamo assolutamente uniformarci, rinunciando a qualsiasi critica, senza poter esprimere neppure il minimo dissenso.
Ma il costo della vita, “C.O.L.A.”, non è solamente qualcosa che è strettamente legato ai meccanismi di produzione e di consumo che governano un mondo attuale; un mondo nel quale i diritti umani e civili sono, ormai, subalterni rispetto le leggi di mercato imposte da un modello di sviluppo sociale di stampo esclusivamente neo-liberista e capitalista, ma si tratta, soprattutto, di qualcosa che paghiamo in termini di tempo, di affetti cari, di integrazione, di sentimenti, di passioni, di libertà, di scelte e di futuro.
Abbandonare a questo futuro significa vivere, per sempre, in un presente sull’orlo dell’abisso, nell’illusione che la tecnologia saprà trovare, prima o poi, un rimedio ai mali che noi stessi, con i nostri comportamenti scellerati, provochiamo al pianeta. Tecnologia, però, che è nelle mani dei soliti potenti, di organismi sovranazionali che pensano solamente a lucrare, a condizionare e a manipolare masse, sempre più omologate e spersonalizzate, di inermi consumatori.
Come può esserci la salvezza in questa oscena e brutale spirale? Le sonorità crude e vibranti, nostalgiche ed incisive di “Deep In View”, pervase da atmosfere di matrice post-punk che guardano, in maniera romantica e ipnotica, al noise-rock degli anni Settanta, sono perfette per descrivere una società che è sempre più alienata, più confusa, più disconnessa dalla verità e intrappolata, invece, in una dimensione virtuale che finge di avere la risposta per ogni problema. Ma sono risposte fragili, che, il più delle volte, per essere accettate senza suscitare i giusti dubbi, hanno il bisogno di essere somministrate assieme ad un abbondante e pesante clima di paura, di odio, di pericolo e di diffidenza. Un clima che, ovviamente, le recenti tragedie – in primis la pandemia e poi la guerra in Ucraina – hanno contribuito ad amplificare e diffondere a dismisura, spingendoci a credere che un’esistenza solitaria, un’esistenza puramente materiale, un’esitenza unicamente cibernetica, un’esistenza limitata alla propria bella casa o al proprio bel giardino, fosse la soluzione migliore per tenere lontano il Male. Senza, però, renderci conto che il Male è già padrone di quelle case e di quei giardini.
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