Poesia sonora. Poesia visuale. Poesia fisica.
Sono i tre piani sui quali si muovono le liriche di Sinead O’Brien, mentre le trame musicali si intrecciano con una cruda, decadente e romantica malinconia del tempo e dello spazio, espressa, a sua volta, attraverso sonorità che spaziano dall’elettronica al post-punk, da un funk sporco e graffiante ed un cantautoriale distropico, viscerale e decisamente ossessivo. Il bisogno di relazionarsi con gli altri, infatti, si trasforma in una morbosa ossessione: essere al centro; essere ammirati; essere alla moda; essere perennemente impegnati; essere gli interpreti e i protagonisti principali di una narrazione virtuale – costruita ad uno e consumo dei social – nella quale la nostra vita appare perennemente ricca di attività, assolutamente appagante, perfettamente allineata con quelli che sono gli omologanti canoni di felicità, di soddisfazione e di piacere che sono stati imposti come unici modelli e riferimenti possibili.
“End Of Days” è il fatidico istante finale, quello nel quale dovremo accettare le nostre lacune e, soprattutto, l’insoddisfazione che può ridurre a brandelli le nostre esistenze, impedendoci di renderci conto della bellezza che ci circonda, del respiro delle stagioni, delle possibilità e delle scelte che orbitano attorno ai nostri sentimenti e ai nostri pensieri, dello spazio e del tempo infinito nel quale può muoversi la nostra fantasia, generando, in continuazione, nuovi sogni, nuovi progetti e nuove passioni da inseguire e da condividere, in modo da comprendere, a pieno, noi stessi e il nostro rapporto col mondo esterno.
La prosa, in alcuni momenti, quindi, può diventare volutamente oscura; le parole possono diventare torbide e moribonde, ma le chitarre e i synth forniscono le giuste e salvifiche melodie cui aggrapparsi per non sprofondare nel cupo terrore della fine. Ma nessuna fine è del tutto irreversibile, “Time Bend And Break The Bower”, infatti, è la crepa poetica che dobbiamo attraversare affinché il tempo ritorni ad essere dalla nostra parte e ritorni ad essere quello di una serata trascorsa all’aperto, quello di una puntina che scivola nei solchi di un vinile, quello delle pagine di un libro e non più quello che definisce e scandisce, tramite tablet, smartphone o altri marchingegni elettronici, le nostre giornate, obbligandoci ad essere solamente l’ennesima ombra tra le ombre.
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