Sopra di noi un’infrastruttura cosmica, dentro di noi un’infrastruttura neurale; stelle e neuroni, cellule e galassie, che entrano in contatto e interagiscono tra loro, influenzandosi a vicenda ed oltrepassando il gelido e solitario buio dello spazio profondo, i silenziosi e sconosciuti meandri delle nostre menti.
Esiste, dunque, qualcosa che connette l’infinitamente grande dell’universo e l’infinitamente piccolo dell’esistenza, qualcosa che può assumere la forma di un’energia invisibile, di impulsi elettrici, di bagliori luminosi, di onde sonore. Onde che sono intrise delle stesse pulsazioni elettroniche e synthwave con le quali Mått Mūn indaga sugli aspetti più ignoti e misteriosi della nostra realtà, trovando, contemporaneamente, un approccio melodico per porsi delle domande, per superare i propri limiti fisici e per esprimere le proprie idee e i propri sentimenti, tentando di rapportarsi con tutto ciò che è il mondo esterno e lasciando, allo stesso tempo, che esso possa fluire e scorrere dentro di lui. E perchè no, dentro ciascuno di noi.
Una forma di conoscenza superiore, capace di travalicare i limiti delle parole e della materia e rendere la musica il linguaggio universale in grado di essere recepito anche da forme di vita che non sono umane, su questo pianeta e altrove. Ciò apre ad ipotesi delle quali non avremmo mai immaginato l’esistenza, a teorie che ci hanno sempre detto essere frutto della nostra fantasia, donando a “Lux” quell’ottimismo disinteressato di cui oggi, imprigionati tra un vorace presente e uno scheletrico futuro, sentiamo l’assoluto bisogno. Ma non possiamo e non dobbiamo dimenticare di vivere in un’epoca nella quale, prima di immegersi del tutto nelle profondità remote del cosmo, dovremmo, per prima cosa, iniziare a guardare coloro che ci sono vicini, i più deboli e i più emarginati, coloro che, spesso, fingiamo di non vedere, desiderosi solamente di rinchiuderci nelle nostre piccole e ossessionanti vite virtuali.
In tal senso le sonorità intrise di accattivanti beat synth-pop e new wave tipici degli anni Ottanta, un’epoca nella quale i rapporti tra le persone non erano ancora stati narcotizzati e miniaturizzati dall’avvento della rete globale, sono qualcosa da ascoltare, recepire ed assimiliare alla luce della ritrovata armonia tra dentro e fuori, luce e buio, corpo e spirito, nella consapevolezza, però, che un semplice ricordo o una banale rivisitazione, fine a sé stessa, servono a poco, se non riescono a risvegliare quelle energie e sensibilità sopite che sappiamo esistere ancora dentro ciascuno di noi, almeno finché continueremo a respirare, a immaginare, a splendere, a brillare.
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