I Preoccupations esplorano il mondo di mezzo, quello dove vittime e carnefici, servi e padroni, buoni e cattivi, entrano in contatto tra loro, dando vita a quella zona grigia ed ombrosa nella quale i contorni sono più sfumati, le nostre certezze vengono meno e ogni singolo individuo appare, in tutta la sua mutevole fragilità, semplicemente come funzionale ad un orrore più grande, quello del potere. Un potere vorace ed onnivoro nel quale sprofondiamo tutti, amici e nemici. Un potere morboso e virale attorno al quale la band canadese costruisce le proprie trame sonore, allo stesso tempo ossessive e melodiche, dolci ed inesorabili, intrise tanto di perdono, quanto di peccato.
Le chitarre aprono le porte sbarrate della nostra maniacale intimità, lasciando che il terrore si riversi sul mondo reale, un mondo che appare perduto e senza speranza, destinato a essere distrutto per mano di quelle stesse creature che, invece, avrebbero dovuto custodirlo e prendersene cura. Gli esseri umani, come in uno dei più cupi romanzi di fantascienza, sono proni ad un potere dispotico, irrazionale ed omicida, che crea ovunque barriere, gelosie, prevaricazioni e paure che ci spingono, sempre più, verso un conflitto globale. Conflitto sociale, economico, politico, culturale, etnico, religioso che non potrà che terminare senza vincitori.
“Arrangements” sposa, dunque, una visione assolutamente cinica dell’evoluzione umana, il mondo vacilla e, purtroppo, a nessuno sembra fregarsene un cazzo, stiamo affogando in slogan politici, in frasi di circostanza, nel finto buonismo dei nostri modelli politicamente corretti, nelle nostre arroganti idee di democrazia e libertà, ma a nessuno sembra fregarsene un cazzo. Ci voltiamo dall’altro lato, nascondiamo l’odio e il disprezzo che proviamo, spesso con motivazioni futili, gli uni verso gli altri e proiettiamo tutte le nostre energie, i nostri sforzi, le nostre preoccupazioni verso quelle piccole vite che diventano, ogni giorno, più finte, più artificiali, più opprimenti, più virtuali. Se il mondo vero sta fallendo, i synth ci condurranno nel mondo perfetto della rete dove siamo sempre giovani, sempre belli, sempre sani e possiamo riversare tutto il nostro odio su mouse e tastiere, sentendoci forti, protetti, sicuri ed inarrivabili. Intanto le ambientazioni new-wave e post-punk inglobano sonorità più acide e psych-rock, dando forma a sette composizioni vivide che si elevano sulle normali strutture strofa-ritornello delle canzoni e cercano di catturare e plasmare una scossa, un’intuizione, un’emozione capaci di proiettarci verso un futuro diverso, un futuro decisamente migliore.
Sarà possibile o siamo destinati a fallire?
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