Il tempo ti scorre dentro, ti cambia, ti lascia scoprire albe impressionanti, oscure e silenziose, ma anche notti magicamente luminose e brillanti, come quella che ha ispirato questo ultimo disco della band inglese; un lavoro che fa delle brevità la sua forza, assumendo i contorni di un’ode malinconica a ciò che si è guastato e alla nostra preziosa capacità di farlo rivivere nel nostro inconscio, laddove una rinnovata bellezza – una bellezza pastorale e psichedelica, neo-classica e crepuscolare – riesce a trascendere quelli che erano soltanto dei meri canoni estetici esterni, così da rivivere negli innumerevoli frantumi di cui si compongono i nostri sogni.
Esperienze oniriche che vengono accompagnate dalla luce polare, pura ed incontaminata, permettendoci, di conseguenza, di scoprire com’è fatta la notte, quali sono i suoi sapori e i suoi profumi, nonché di attraversare le zone inesplorate del nostro cosmo più segreto e primordiale. I Cult si trasformano nello stimolo che permette a queste nostre corde interiori di vibrare. Probabilmente, oggi, dopo anni, è questa la loro grandezza: aiutare ciascuno di noi a trovare il proprio equilibrio sensoriale, senza mai essere ridondanti, senza mai creare sovrastrutture complesse e artificiose. Anzi, le loro fluide e ombrose melodie riempiono, volutamente, solamente in parte il vuoto quotidiano delle nostre materiali esistenze, senza mai essere eccessive, senza mai essere opprimenti, perché al resto di quel vuoto dobbiamo pensarci noi, un passo dopo l’altro, un affanno dopo l’altro, una stagione dopo l’altra, affidandoci ai bassi profondi, ai riff penetranti della chitarra, alle ritmiche più ampie ed atmosferiche, ai suoni più eterei, alle armonizzazioni vocali di matrice new wave, fiduciosi che, alla fine, ogni dolore sarà edificante.
“Vendetta X” è la sintesi perfetta del loro rock più cupo, il momento nel quale le sonorità gotiche prendono il sopravvento sulle trame cinematografiche di “A Cut Inside” e sulla cruda e veritiera “Mirror”, prima che elementi musicali più eterogenei, dalle trame progressive-rock di “Knife Through Butterfly Effect” alle lande desolate e claustrofobiche di “Give Me Mercy” o a quelle darkeggianti e orchestrali di “Impermeance”, diventino anch’essi parte viva di questa mezzanotte solare.
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