Un presente da ridefinire completamente; una pesante eredità – quella barrettiana – che pare mettere in ombra ogni idea, ogni intuizione, ogni singolo passo e ogni singolo passaggio; un disco – “A Saucerful Of Secrets” – che tiene la band in bilico, tra avanguardia e tradizione, cercando di trovare la connessione tra strumenti atipici – nell’ambito del rock – come il gong, i timpani, lo xilofono e il flauto e le nuove prospettive sceniche e musicali offerte dalla attuale tecnologia.
Le colonne sonore, di conseguenza, appaiono come il territorio più adatto per la sperimentazione, “More” e “Zabriskie Point” sono fondamentali per definire un mosaico sonoro alternativo, un percorso compositivo più collettivo e circolare che si allontana dalle atmosfere brillanti, cosmiche, radiofoniche ed accattivanti del pifferaio alle porte dell’alba e prende la strada pericolosa ed estraniante della notte; una notte nella quale la pallida luce lunare ci consente di scoprire tutti i fantasmi generati dalle nostre fobie e dalle nostre manie, creature che vagano, alla disperata e vana ricerca della propria natura, ignare di essere solamente ombre che si dissolveranno alle prime luci dell’alba.
Sarà questa la sorte dei Pink Floyd? Dissolversi alle prime luci della nuova alba, incapaci di rimettere assieme le parti costitutive del loro sogno, quelle stesse parti che, in “Ummagumma”, diventano il necessario punto di partenza di quelle narrazioni sonore intime e soggettive che ciascun membro della band sacrifica al demone Asmodeo, affinché egli sveli loro le armonie più profonde ed inquietanti che risuonano nella psiche umana?
No, non accadrà. Waters/Gilmour/Wright/Mason non verranno risucchiati dall’orchestra cacofonica degli inferi, bensì tenteranno di creare la suite perfetta, prima sposando le aritmie cardiache di “Atom Heart Mother”, consapevoli del legame indissolubile che unisce ciascun essere umano alla propria terra/madre e poi, nel 1971, con “Echoes”, in maniera ancora più appassionata, riuscendo a ricostruire il senso di vuoto, di mistero, di disperazione e di speranza che avvolge la limitatezza spazio-temporale degli esseri umani quando essi si trovano al cospetto dei meandri sconosciuti dell’universo. Ritorna, dunque, l’elemento astrale tanto caro a Syd Barrett, ma questa volta è privato delle sue caratteristiche magiche, giocose e fantastiche e viene rivolto, soprattutto, al dentro, a comprendere, cioè, tutto quello che si agita nelle nostre coscienze, andando poi ad influenzare e plasmare quelli che sono i nostri comportamenti e i nostri sentimenti.
I tempi, oramai, sono maturi: dal 4 al 6 Ottobre del 1971 la band inglese è a Pompei. L’anfiteatro romano, i profumi di quella terra antica, il suo Sole, lo sguardo attento del Vesuvio, la dolce naturalezza del silenzio che pare amplificare e favorire ogni riflessione, costituiscono lo scenario ideale per le loro canzoni. Uno scenario che è così lontano dal mondo attuale, dai suoi caotici interessi e dalle sue futili mistificazioni, ma che è, allo stesso tempo, così vicino a quelli che sono i veri bisogni, le vere necessità e le vere passioni dell’essere umano, come se le epoche stesse ed i millenni trascorsi abbiano avuto la durata di un trascurabile battito di ciglia.
Uno scenario che cattura i presenti, tecnici e musicisti, ma senza mai renderli prigionieri, anzi liberandoli e permettendo loro di vagare in una dimensione senza tempo, tra le strade di una città che ritorna alla vita, tra i suoi colori e i suoi sapori, tra i suoi palazzi e i suoi affreschi, una città nella quale gli strumenti e gli amplificatori dei Pink Floyd coesistono, sullo stesso piano astrale, con i mercanti, i cittadini, gli schiavi, i gladiatori, i bambini, gli anziani, gli uomini e le donne dell’antica Pompei, i quali, accompagnati dai brani immortalati dalla pellicola diretta da Adrian Maben, continuano, ignari della propria sorte, a vivere, incontrarsi, parlare, amare, odiare, esistere.
Echoes, part I // Careful with That Axe, Eugene // A Saucerful of Secrets // One of These Days //Set the Controls for the Heart of the Sun // Mademoiselle Nobs // Echoes, part II
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