Ogni disco di Brant Bjork è un viaggio mistico, ha sempre la capacità di far emergere le nostre vere emozioni e favorire riflessioni e meditazioni che, altrimenti, resterebbero in secondo piano, affossate da una mole di byte, di programmi, di dati, di simulazioni, di esistenze virtuali, di pagine web che riportano ogni nostro pensiero, ogni nostra percezione, ogni nostra intuizione a una banale sequenza di 0 e di 1. O ci sei o non ci sei, o dei vivo o sei morto, o sei dentro o sei fuori, o sei buono o sei cattivo. E dove va a finire, allora, tutta la complessità della nostra umanità? Dove a finire il blues delle nostre anime psichedeliche che si sposa, alla perfezione, con le musiche funkeggianti, brucianti e distorte del deserto del Mojave?
Una dimensione che Brant Bjork conosce in maniera viscerale, tanto nei suoi angoli più rilassanti, equilibrati e spirituali, intrisi di puro e sognante blues-rock primordiale delle origini, quanto in quelli più torbidi, claustrofobici e vibranti, intrisi di bellicoso ed energico stoner-rock, alla perenne ricerca di esperienze nuove, di anime affini, di scoperte interiori con le quali rendere omaggio ai numi tutelari del desert-rock, da Jimi Hendrix ai Doors, e ringraziarli per la loro birra fresca, per la loro marijuana, per i loro groove, per i loro riff, per il loro canto etereo, per le parole di questi brani capaci di mettere a soqquadro le nostre vite, spesso, troppo omologate e troppo compiacenti su posizioni disumane ed artificiali.
Gli echi funk-rock di “Good Bones”, le atmosfere progressive-rock di “So They Say”, la psichedelia diluita di “Broke That Spell”, la rabbiosa e furente intensità di “Bread For Butter”, la magmatica “Let’s Forget”, la dolcezza inebriante di “Who Do You Love”, sono gli ingredienti fondamentali di questo nuovo disco, un lavoro nel quale i punti oscuri e quelli luminosi riflettono quelle che, in fondo, sono le nostre giornate, un flusso continuo di emozioni, sia positive, che negative, che ci arricchiscono, ci fanno crescere, ci rendono più consapevoli di quelli che sono i nostri limiti, ma anche le interessanti prospettive che può donarci il futuro, purché ci manteniamo liberi, curiosi, desiderosi di conoscere e sperimentare.
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