L’etichetta californiana Ripple Music da alle stampe, in appena due anni, il sesto incisivo capitolo della fortunata narrazione musicale, a base di stoner rock, rock psichedelico, hard rock e divagazioni di matrice metallica e spaziale, che va sotto l’evocativo nome di “Turned To Stone”. La formula della loro energetica ed esplosiva pozione magica è sempre la stessa; perché, infatti, cambiarla, visti i precedenti suggestivi ed immaginifici risultati?
Due band, in una virtuale e visionaria battagliax, a colpi di feedback, fuzz, assoli e distorsioni, per risvegliare i nostri sensi assuefatti dal consumismo iper-tecnologico moderno e riprendere il contatto con il mondo esterno, che è fatto di sapori, di profumi, di contatti, di rumori, di sussurri, di visioni che non hanno nulla a che fare con gli schermi luminosi dei nostri monitor, né tanto meno con quell’interminabile e narcotizzante flusso di byte che pretende di riscrivere le regole del gioco, decidendo di insegnarci come dobbiamo pensare, come dobbiamo relazionarci al prossimo, cosa dobbiamo provare o pretendere dal nostro futuro e soprattutto come dobbiamo utilizzare, impegnare, spendere o barattare quella che è la nostra più importante e preziosa ricchezza: il tempo.
Quest’ultimo sesto capitolo prevede l’incontro/scontro tra il magmatico stoner rock dei Captain Caravan, nelle cui viscere si agitano i fantasmi del grunge e le oniriche divagazioni spazio-temporali dei Kaiser che assumono, sempre più, un incedere minaccioso e sinistro, quasi a volerci mettere in guardia da quelle intelligenze artificiali che stanno prendendo il controllo assoluto di ogni nostra passione e quindi delle nostre stesse vite.
Sin dal primo capitolo di queste compilation, quello che vedeva intrecciarsi le sonorità di Mr Bison e Spacetrucker, la voglia di dare sfogo ai propri sentimenti – senza preoccuparsi troppo dei riferimenti geografici, delle epoche sonore di riferimento o della purezza e della perfezione stilistica con le quali venivano esposte le proprie idee, le proprie sensazioni, le proprie necessità materiali – è stata sempre in primo piano e ha permesso a queste band di muoversi, liberamente, tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, di invadere le dimensioni fluide, transitorie e rarefatte del nuovo Millennio, di sperimentare e di seguire i propri istinti, senza preoccuparsi troppo di critiche, commenti o definizioni. Il quarto capitolo, quello con Saturna ed Electric Monolith, era quello più eterogeneo, da un punto di vista sonoro, quello che metteva uno dinanzi all’altro due universi, quello oscuro e quello rassicurante, quello lineare e quello curvilineo, quello tagliente e quello curativo, mentre il secondo capitolo, con Howling Giant e Sergeant Thunderhoof, assumeva il sapore di un’avventura epica, fantasiosa e spettacolare, con aperture verso passaggi intrisi di meditativo e riflessivo rock progressivo e altri, invece, decisamente più aggressivi, combattivi, decisi e rabbiosi.
Ma non c’è mai stato un unico vincitore, non c’è mai stato un unico perdente; si tratta, alla fine, di far comprendere all’ascoltatore che egli ha sempre la possibilità di scegliere, di poter cambiare idea, persino di poter tornare sui propri passi, di decidere di non prendere nulla o di prendersi tutto, perché ciò che è fondamentale in queste compilation – e ne approfittiamo anche per citare il prodigioso, esoterico ed incantato terzo volume con Wizzerd e Merlin e il vibrante, fremente e vigoroso quinto volume con Planet Of The 8s e Duneeater, è rendere partecipe ciascuno di noi del fatto che non esistono scelte, obiettivi, traguardi o direzioni a priori, né qualcuno che abbia il potere superiore di stabilire quali siano, eventualmente, le decisioni giuste e quelle sbagliate, ma dipende solamente da noi, dai nostri desideri, dai nostri sentimenti.
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