Un’esibizione, quella di Florence Welch e di Ethel Cain, che, in un certo senso, ha sancito come il tempo dei lockdown sia finito. I mesi trascorsi senza musica dal vivo o con restrizioni che, molto spesso, apparivano assurde, inutili e ingiustificate, oltre che, ovviamente, liberticide. Le restrizioni che sembravano più voler mostrare, con prepotenza, chi comandasse, piuttosto che poter, effettivamente, contribuire a risolvere qualcosa, sono, finalmente, terminate.
Possiamo nuovamente occuparci di musica e di ciò che di positivo e prezioso essa può donare al nostro spirito. Non viviamo più il folle e dispotico scenario nel quale il solo pensare alla musica o all’arte in generale, ad eventi pubblici, come mostre o concerti, o all’andare, liberamente in giro, per proporre i frutti della propria creatività e guadagnarsi così da vivere, fossero, di fatto, delle colpe da espiare. Le colpe sono ben altre e il nostro mondo, purtroppo, ne è pieno, non c’è bisogno di inventarne altre.
“Morning Elvis”, dunque, nonostante tratti della stanchezza della vita on the road e di quello show business che, tra obblighi contrattuali, date incastrate l’una dopo l’altra e notti trascorse in stanze d’albergo, rischia di stritolarti e di farti impazzire, in realtà, si trasforma, nella ammaliante ed ironica risposta sonora che le due artiste danno a tutti coloro che rimpiangono restrizioni, obblighi e quarantene e che, oggi, guardano, in modo sprezzante, alla vita, quella vera, quella reale, quella fatta di contatti e di persone, quella che, fortunatamente, puoi trovare quando sei sopra o davanti un palco.
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