Una foto (LaPresse) che ritrae alcuni soccorritori che scavano, a mani nude, tra i detriti, le macerie ed il fango, nella speranza di trovare dei sopravvissuti, tra le persone ancora disperse, dopo la terribile e distruttiva frana di Ischia. Una foto che, dopo l’ennesima tragedia, oltre ad indignarci ed addolorarci, deve spronarci a chiedere che vengano, finalmente, adottate quelle misure che, al di là delle banali parole di circostanza e soprattutto degli interessi di parte, politici ed economici, contrastino davvero e in modo serio ed efficace sia la crisi climatica globale, sia il dissesto idrogeologico aggravato, purtroppo, dall’abusivismo edilizio, affinché quello che è accaduto a Casamicciola non accada più in futuro, né nel nostro fragile paese, né altrove.
E con questa foto, proprio per non dimenticare ciò che va fatto nel prossimo futuro, accompagniamo la nostra classifica paranoica dei dieci migliori album del 2022.
#10) MESSA
“Close”
[Recensione]
Questo disco è una vera e propria danza dell’anima, un cammino a ritroso nel futuro, un salto in avanti in un passato nuovo di zecca, la veemente oscillazione gravitazionale di tutte le nostre certezze, le nostre teorie e le nostre conoscenze, intanto che le leggi fisiche e gli schemi mentali, sui quali avevamo sempre fatto affidamento, vengono velocemente meno e una musica che è, allo stesso tempo, intima e aliena, strutturata e minimale, moderna e antica, mediterranea e metallica, sabbathiana e mediorentale, emerge dal buco nero nel quale erano collassate le due anime, quella reale e quella virtuale, di questo nostro ossessivo ed omologante presente.
#9) BEBAWINIGI
“Stupor”
[Recensione]
Direzioni dissonanti, intrise di un’elettronica ossessiva, ombrosa e itinerante, che risuonano, come se fossero un antico rito magico, nelle nostre coscienze sopite e stagnanti, cristallizzate in quelle che sono le loro statiche e convenzionali esistenze, ricordandoci tutto quello che saremmo potuti diventare e che, invece, abbiamo rinunciato ad essere. Perché? Perché abbiamo preferito una comoda vita fatta di apparenze, sbarazzandoci, per sempre, di tutto ciò ci facesse apparire troppo fragili, troppo sbagliati, troppo buffi, troppo divertenti, troppo strani o troppo diversi: in un’unica parola veri.
#8) LE PIETRE DEI GIGANTI
“Veti E Culti”
[Recensione]
Nel nostro inconscio vivono, in egual misura, luci ed ombre; sono le rappresentazioni estreme di quello che potremmo essere, dalla cui contrapposizione emerge ciò che siamo, quello che ci piace e quello che, invece, fingiamo di non vedere. E in questo minuscolo, ma precario e faticoso equilibrio, spesso instabile, viviamo le nostre esistenze, nella consapevolezza che c’è una creatura di puro istinto che si agita dentro di noi; una forza selvaggia che, a volte, implica dolore e sofferenza, altre volte, invece, è scintilla preziosa di trasformazione, di evoluzione, ma anche di accettazione di sé.
#7) DIAFRAMMA
“Ora”
[Recensione]
Amici, genitori, fratelli, sorelle, amanti, figli, colleghi, volti che incrociamo nella nostra quotidianità umana e che si mescolano alle irrequiete chitarre di “Ora”; è anche attraverso queste diverse umanità che impariamo ad accogliere l’inevitabilità del tempo e il respiro sempre più corto del nostro futuro. Consapevoli che, nel frattempo, ci stiamo trasformando in altro, nel sapore e nel profumo di quei giorni trascorsi che, al di là delle umiliazioni subite o delle ricompense ricevute, sono onda perennemente viva, eterna new wave, che si conserverà tra le diverse generazioni, esaltandosi in quelle che restano le trame e le atmosfere più sporche e vibranti degli anni Novanta, in bilico tra le ultime scie di crudo romanticismo dark e il nervo scoperto di una nuova ed appassionante narrazione rock proveniente dall’altro lato dell’oceano.
#6) MANUEL AGNELLI
“Ama Il Prossimo Tuo Come Te Stesso”
[Recensione]
Siamo cresciuti? Siamo diventati più forti? Possiamo andare in giro, per la città, senza più ammalarci? Manuel Agnelli intona il suo canto d’amore e di scoperta alla madre primigenia, a colei che non ha alcun bisogno di essere idolatrata, raffigurata o celebrata dai vecchi e dai nuovi media. Lei non chiede statue o altari, ma solamente un fuoco perennemente vivo, un fuoco sacro che arde in quel tempio che è la nostra intimità, il nostro cuore, la nostra coscienza, l’Io che si apre all’altro e vorrebbe amarlo come se fosse lui stesso. Certo, i sentimenti e i meccanismi interiori sono esattamente gli stessi, indipendentemente dalle coordinate geografiche o temporali, indipendentemente da quanto potere, successo o ricchezza le nostre mani siano riuscite ad accumulare, ma sapremo rendere questo concetto reale? Riusciremo a viverlo davvero e soprattutto a viverlo completamente? Riusciremo a stabilire un contatto che non è solamente virtuale o celebrale, ma anche fisico? Riusciremo a guarire nell’amore?
#5) MASSIMO ZAMBONI
“La Mia Patria Attuale”
[Recensione]
Esiste davvero l’Italia o è solamente una mera espressione geografica? Esistono davvero gli italiani? Ha senso cercare la nostra coscienza comune? Riusciremo a vedere oltre le lande desolate nelle quali senti solo urlare i cani? Riusciremo ad andare oltre questo sciagurato “mare nostrum” di delusioni brucianti e promesse mancate? Sapremo svincolarci e liberarci dal disordine, dal cinismo, dalla paura e dall’ignoranza che sembrano condannarci a restare, per sempre, proni e piegati, in balia dei peggiori governi e di una classe politica che è incapace di guardare con fiducia costruttiva al futuro, incapace di offrire prospettive alternative, incapace di uscire dai soliti schemi mentali e dai soliti luoghi comuni, ma si ostina a vivere nella menzogna di uno sterile, paranoico e frustrante eterno presente, pur di conservare i propri privilegi e la propria posizione?
#4) BUÑUEL
“Killers Like Us”
[Recensione]
Le nostre mani sono quelle di un fabbro ferraio, siamo gli artefici finali del nostro destino, possiamo sprofondare nel più cupo dei gironi infernali oppure possiamo oltrepassare quelle nubi cariche di distorsioni, feedback e tensione che ci impediscono di vedere il cielo, rendendoci impossibile, di conseguenza, comprendere quanto possa essere ampio l’orizzonte, quante cure e soluzioni, quante idee e prospettive, quanti sogni e fantasie, il diavolo ci tiene, volutamente, celate, facendo in modo che il disagio e la frustrazione prendano il sopravvento su ogni aspetto, razionale ed emotivo, della nostra individualità. Non esiste, dunque, un unico monolitico cammino, dietro ogni passo, dietro ogni singola parola, dietro ogni direzione, possono svilupparsi infinite trame, infiniti giardini, infiniti inferni con i quali dover fare i conti.
#3) TENEBRA
“Moongazer”
[Recensione]
Le trame dei Tenebra sono bagliori lampeggianti in una notte profonda, luci policromatiche che illuminano, improvvisamente, il fondo delle nostre anime, mostrandoci quello che è il vero orrore nascosto nel buio: nessun demone, nessuna creatura immonda, nessun mostro da sconfiggere, ma semplicemente il vuoto; un vuoto silenzioso che, subdolamente, si cela dietro le conquiste tecnologiche, dietro le comodità offerte dal progresso, dietro la miriade di dispositivi elettronici collegati tra loro, in rete, e che, fingendo di contribuire alla nostra sicurezza e alla nostra pacifica e fasulla felicità, non fanno altro che amplificare il nostro senso di smarrimento, le nostre difficoltà a comunicare con gli altri, la nostra immensa solitudine, i nostri disturbi fisici e mentali, la nostra insana diffidenza e tutte le nostre pericolose paranoie.
#2) C’MON TIGRE
“Scenario”
[Recensione]
Lo scenario nel quale il collettivo italiano si muove non adotta alcun riferimento statico, non separa ciò che è dentro e ciò che è fuori, non distingue cosa sia lontano e cosa sia vicino, non concede alcun privilegio a tutto ciò che, solitamente, identifichiamo come cultura occidentale, ma è consapevole, invece, che ogni tempo, ogni spazio, ogni mito, ogni cultura, ogni leggenda, ogni narrazione storica, religiosa o filosofica nascondano tesori che debbono solamente essere scoperti, compresi, studiati e resi fruibili agli altri, in un percorso di crescita collettiva nel quale le svariate sensibilità e le diverse esperienze umane possano essere messe, finalmente, a fattor comune e migliorare, di conseguenza, l’armonia esistente tra le diverse persone, senza più farsi avvelenare da quelle differenze apparenti che non hanno nulla a che vedere con la bellezza dei sentimenti, delle passioni e delle idee.
#1) VERDENA
“Volevo Magia”
[Recensione]
Nessuna verità, nessun amore, nessuna giustizia, semplicemente dei momenti nei quali ci sentiamo più completi, altri nei quali siamo più vuoti, momenti che dopo momenti ci rendono più o meno malinconici, più o meno arrabbiati, più o meno luminosi, più o meno capaci di esplicitare e di condividere quelle che, tutto sommato, sono le nostre storie analogiche di condanna e redenzione. E i Verdena, in bilico tra le loro sfuriate passionali e i loro passaggi più ipnotici, ossessivi ed armonici, sanno farlo benissimo, anche quando, ci rammentano, che, in fondo, siamo soltanto degli sprovveduti, senza nemmeno un piano al quale aggrapparci; anche se, molto spesso, tutti quelli che si aggrappano ai loro piani diventano sempre più ostili, insensibili e feroci, arrivando anche, purtroppo, ad impazzire.
Ed infine, parallelamente a questa nostra lista di album interessanti, appassionanti e meritevoli di rappresentare l’anno trascorso, desideriamo anche citare l’originale e peculiare lavoro di rielaborazione e di testimonianza che i Calibro 35 hanno compiuto sulle opere musicali di un incommensurabile e straordinario maestro: Ennio Morricone.
#*) CALIBRO 35
“Scacco Al Maestro”
[Recensione]
C’è speranza, dunque, è questo il messaggio più bello che ci ha lasciato Ennio Morricone e che i Calibro 35 amplificano in questa loro rilettura umana e musicale. C’è un paradiso oltre le periferie urbane; c’è un paradiso oltre le nostre esistenze virtuali, rese ancora più tristi, più alienanti e più solitarie dalla recente pandemia e dalle follie, nelle quali siamo stati risucchiati da una classe politica che si è dimostrata assolutamente inetta, incapace e impreparata, perfetta ad interpretare, se fosse stato un film, il ruolo del cattivo di turno; un ruolo dal quale, ormai, non riesce più a staccarsi, tant’è vero che perfino una guerra, con il suo enorme e tragico carico di morte e di disperazione, viene usata per i propri scopi, a fini elettorali o propagandistici oppure, ancor peggio, per incensare il potente di turno.
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