C’è qualcosa di magico ed esoterico che pervade le ampie e meditative divagazioni strumentali di questo nuovo album dei Dead Meadow, il cui stoner rock psichedelico si apre alle cupe e sinistre atmosfere del doom metal. “The Lure Of The Next Peak” ci conduce in territori sonori fatti di visioni lisergiche, di rock acido, di cieli nei quali nubi grigie si divertono a comporre misteriosi e minacciosi presagi.
Ciascuno di noi, di conseguenza, scaverà dentro si sé, alla ricerca di quelle ossessioni che ha sempre tentato, faticosamente, giorno dopo giorno, di tenere sotto controllo. E se, adesso, esse fossero scappate via? E se fossero riuscite a rivelare all’esterno quelle che sono le nostre vere emozioni, quelle più fragili, più contraddittorie, più divisive, più audaci, più maniacali?
Non abbiate timore, perché i Dead Meadow – una volta spalancate le porte del vostro piccolo inferno emotivo – vi rincuoreranno con le rassicuranti trame cosmiche di “To Let The Time Go By”, con le divagazioni prog-rock di “Force Form Free” o con la struggente e riflessiva “Binah”. Ci sono diversi luoghi, quindi, anche in questo mondo, apparentemente funebre e desolato, nel quale poter ritrovare quel buon vecchio e caloroso blues che la band americana sa, sapientemente, rielaborare nella propria fucina psichedelica, sperimentando continuamente e aprendosi anche a tonalità e ritmiche estranee, rispetto a quelli che sono i classici elementi dell’hard-rock, provenienti dai luoghi più remoti del mondo.
Ogni musica, infatti, che ha una componente erratica così forte, può condurvi altrove: nei deserti africani, tra la natura lussureggiante del lontano oriente, in una qualsiasi metropoli occidentale, sul lato nascosto della Luna, alla ricerca del proprio senno perduto, come dei novelli Astolfi, oppure nelle profondità inesplorate delle proprie coscienze, laddove risiede il conflitto eterno tra il bene e il male, laddove si originano tutte le nostre scelte e è custodita la magia della vita. Ecco perché questo disco, le cui canzoni sono connesse l’una all’altra, musicalmente, è un viaggio avventuroso, il cui unico requisito è liberare la propria mente da ansie e faccende quotidiane e far sì che essa possa fluttuare tra sitar e sintetizzatori, chitarre impregnate di anni Settanta e corpose linee di basso, contemplando la bellezza dell’universo e tentando di trovare quella che è la propria strada, quella capace, al di là dei modelli che ci vengono, spesso, imposti dall’esterno, di farci sentire sereni, appagati, completi e soprattutto in pace con noi stessi e con tutto ciò che abbiamo attorno.
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