Cinque brani che spalancano le porte dell’oscurità e che, quando più nessun appiglio sembra in grado di salvarci dall’ennesima ondata di smarrimento, di impotenza e di delusione, grazie al suono etereo e minimale di un ricordo, di un sorriso, di un volto amico, si fanno strada nelle tenebre e ci invitano a non sprecare quest’occasione, che, per quanto possa apparirci eccessivamente fragile, dolente, maniacale o sfuggente, è, in fondo, la nostra vita.
Una vita che può diventare la fucina magica nella quale lavorare e plasmare qualsiasi cosa, anche la peggiore sofferenza, anche le esperienze più terrificanti e traumatiche, anche la peggiore solitudine o il peggiore sconforto; ogni cosa, infatti, può essere trasformata, come fa Giorgio Pilon, produttore torinese, nelle vesti di un taumaturgico Vulcano, in una narrazione capace di donare conforto a coloro che la ascoltano, la assimilano e che la fanno propria. Tutti noi affronteremo, prima o poi, i medesimi fantasmi del passato, le medesime domande alle quali è impossibile fornire una risposta rassicurante, le medesime ombre che minacciano la serenità del nostro cammino, è utile, dunque, tentare di far fronte comune, facendo leva, magari, su quelle esperienze condivise – come la musica e l’arte – che possono essere d’ausilio nel prendersi cura delle ferite e delle debolezze sia proprie, che altrui.
Selfimperfectionist è consapevole delle mancanze che rendono meno sicuri i nostri passi su questa Terra e tenta di esorcizzarle attraverso passaggi sonori ambientali, tramutando i presagi e le visioni più negative e malinconiche in una accattivante sinfonia elettronica di matrice dark e permettendoci di dare luminosità ad ogni momento delle nostre vite, anche a quelli più sofferti come possono essere l’addio, l’abbandono o l’assenza. Momenti che la commovente “Goodbye, My Dear Friend” fa ritmicamente propri, perché anche quelle che possono apparire come le sensazioni più negative, possono, alla fine, contribuire a definirci e a migliorarci, così da poter diventare sostegno per il prossimo, per il fratello, per il compagno, per tutti coloro che vengono risucchiati nel crepuscolo narcotizzante di “Dusk” e, purtroppo, si sentono soli.
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