Quando sei più o meno costretto a vivere in un mondo liquido come il nostro, hai una sola certezza, un unico punto saldo cui puoi davvero aggrapparti ed è il passato.
Ma di quale passato si tratta? Di quello che trovi scritto nei libri di storia o magari in qualche famoso romanzo? Di quello immortalato nei vecchi film o nei vecchi telefilm, gli antenati delle più moderne ed accattivanti serie TV visibili, oggi, sulle attuali piattaforme di streaming? O del passato connesso ad una vecchia canzone, ad un particolare evento, ad un semplice oggetto?
Il passato non è unidirezionale, ha tante strade da percorrere, tanti itinerari da esplorare e, di conseguenza, ciascuno può scegliere il proprio e, se si tratta di una persona particolarmente fantasiosa, semplicemente mescolando un po’ di fatti, di cose, di volti e di storie, anche in modo del tutto bizzarro e anacronistico, può costruire la propria personalissima versione di passato e associare ad essa la colonna sonora che preferisce e ritiene più adatta, anche se, spesso capita, quel disco o quella determinata canzoncina non hanno mai fatto parte, all’epoca dei fatti, del proprio background musicale. Ma chi vuoi che lo sappia ormai? Chi può mai ricordarlo? E soprattutto a chi mai potrebbe interessare?
Ed ecco, allora, che, grazie a Netflix, alle serie TV e ai film ispirati, appunto, al passato, reale o fantastico, vero oppure fasullo, corretto o sbagliato, magari riadattato a ciò che oggi viene considerato politicamente accettabile e alla moda – come avviene nel caso di “Wednesday” o di “Strange Things” – che artisti apparentemente dimenticati, in toto o in parte, come i Cramps o Kate Bush, possono ritornare dall’oblio della cripta mediatica e rientrare, con prepotenza, sugli schermi luminosi dei nostri pc, smartphone o tablet.
La musica, in fondo, nella società dinamica del consumo massivo, è qualcosa da mostrare agli altri, come un nuovo abito, una nuova auto o un nuovo telefono; è ovvio, allora, che essa debba essere, il più possibile, resa particolarmente incline all’omologazione, proponendola in modo da essere per nulla identificativa, soprattutto se ciò potrebbe portare a divisioni, a tensioni, a critiche o semplicemente a opinioni divergenti che non trovano riscontro in quelle logiche di mercato che vogliono proporre, come desiderali e vincenti, i medesimi prodotti.
Prodotti che, dal punto di vista sonoro, possono coincidere con un pezzo di George Michael o degli Iron Maiden, dei Coldplay o dei Clash, non interessa cosa viene suonato, l’importante è che tutto ciò che viene proposto venga mantenuto, rigorosamente, su un piano della conoscenza superficiale e quanto più orizzontale, a discapito di quella che è la vera e profonda conoscenza verticale, in maniera che, quanto prima, il grande e pressapochista pubblico di riferimento possa ritenersi sufficientemente appagato e rivolgere la propria attenzione a ciò che questo maniacale e opprimente sistema di consumo vorrà farci percepire come nuovo, come interessante, come accattivante, come travolgente, anche se, magari, si tratta di un caustico brano punk del 1981 pubblicato dagli Exploited, cioè di qualcosa concepito in un contesto emotivo, sociale, storico e narrativo che non ha assolutamente nulla in comune con quello, patinato e superficiale, nel quale viene proposto oggi alle generazioni Z, ZZ, ZZZ o come diavolo volete chiamarle.
Ma si tratta, dunque, di passato, cioè di una dimensione spazio-temporale del tutto controllabile e quindi del tutto prevedibile e innocua, nella quale possono venderci, a caro prezzo, i propri inutili e superflui gingilli ed amuleti, come se noi fossimo gli antichi abitanti delle Americhe e loro gli infidi e brutali mercanti giunti dal lvecchio continente. Allora, amici miei, che volete ascoltare oggi? Vi piacciono le rivoluzioni o presunte tali? Che ne dite degli Adicts? Viva La Revolution.
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