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Il Parco Paranoico

Il Tempo Delle Classifiche

Mik Brigante Sanseverino Gennaio 8, 2023 Parole Nessun commento su Il Tempo Delle Classifiche

Il 2022 è stato l’anno del vero ritorno ai concerti dal vivo, ai festival estivi, a tutti i grandi eventi che la pandemia ci aveva costretto a sospendere.

New Musical Express (NME), come tutte le riviste e i siti musicali, ha stilato la propria classifica dei migliori album pubblicati nel corso dell’anno. Nella sua “The 50 best albums of 2022” l’ultima posizione utile è riservata ai Just Mustard, un ottimo inizio, anche se, in verità, avrei preferito che la band irlandese occupasse una posizione decisamente più alta. Vi sono poi i così detti artisti e band capaci, nonostante i decenni di attività musicale alle spalle, di non abbandonare quasi mai queste classifiche e, quindi, di suscitare, comunque, con esiti più o meno convincenti, l’interesse degli addetti ai lavori, oltre che, ovviamente, quello dei propri fan: Liam Gallagher (49°), Bjork (46°) e Red Hot Chili Peppers (41°), ai quali potrebbe essere aggiunto, in un certo senso, anche il nuovo progetto musicale The Smile (38°) di Thom Yorke. NME in tal senso è il più conservativo, ma dona, comunque, il giusto spazio anche alle sonorità indie-rock e post-punk. Abbiamo, infatti, Warpaint (40°), Alvvays (30°), The 1975 (10°) come rappresentanti del movimento indie, mentre troviamo Dry Cleaning (25°), Yard Act (15°) e Fontaines D.C. (4°) come rappresentanti di quello post-punk, per arrivare, infine, al podio delle Wet Leg (2°). Le atmosfere folk-rock risuonano, invece, nelle posizioni occupate dai Big Thief (24°) e dai Black Country New Road (11°). La prima posizione se la aggiudicano, infine, gli Arctic Monkeys (1°), il cui album “The Car”, tra moog, sonorità rock melodiche e testi suggestivi, è considerato, da NME, il vero capolavoro dell’anno appena trascorso.

Analizzando, invece, la medesima classifica proposta da “Mojo Magazine”, gli Arctic Monkeys perdono il podio, passando dal 1° a quello che è comunque resta un ottimo 5° posto. Per quanto concerne, invece, le band che abbiamo indicato prima, ritroviamo l’indie-folk dei Black Country New Road al 48° posto, The Smile salgano ad un più consono 11° posto, mentre sono ancora presenti le trame punkeggianti degli Yard Act (43°), dei Fontaines D.C. (10°), dei Dry Cleaning (9°) e delle Wet Leg (2°) che confermano la seconda posizione anche per Mojo. Onestamente, la classificadi Mojo la preferisco rispetto a quella di NME, anche per la presenza delle ballabili sonorità elettroniche dei Working Men’s Club (47°), per l’intramontabile romanticismo di Johnny Marr (44°), per le rumorose sperimentazioni dei The Mars Volta (40°), per i graditi ritorni di Spiritualized (13°), Jack White (8°) e Suede (6°), Vi sono, inoltre, album assolutamente interessanti e innovativi come quelli di Panda Bear & Sonic Boom (24°), Cate Le Bon (21°), The Comet Is Coming (18°), Wilco (15°), Aldous Harding (12°). Mojo, infine, assegna la sua prima posizione a Michael Head & The Red Elastic Band (1°), al loro “Dear Scott”, un lavoro che risuona, nelle nostre anime, come un difficile e tortuoso percorso di espiazione psichedelica e di rinascita dalle dipendenze fisiche e mentali.

Passiamo, quindi, ad “Uncut” che ripropone Aldous Harding (45°), Panda Bear & Sonic Boom (35°), Spiritualized (30°), The Comet Is Coming (28°), Black Country New Road (27°), Dry Cleaning (24°), Arctic Monkeys (23°), Fontaines D.C. (17°), Cate Le Bon (13°),  Wilco (6°). Le Wet Leg perdono il podio, passando dal consolidato 2° posto ad un comunque ottimo 7° posto, mentre Michael Head & The Red Elastic Band confermano, anche in questa classifica, il podio con un convincente 3° posto. Come novità, rispetto ai nomi visti finora, Uncut sottopone alla nostra attenzione l’approccio sperimentale dei Black Midi (21°), l’indie-rock degli americani Big Thief (5°), l’intramontabile eclettismo di Brian Eno (4°) e le cantautrici Sharon Van Etten  (19°) e Angel Olsen (4°), mentre la prima posizione – questa volta sono completamente d’accordo con gli autori della classifica – va a The Smile (1°), alla risposta sonora che Thom Yorke e Jonny Greenwood danno alle attuali e terrificanti crisi, una risposta meno ingombrante, rispetto ai celebri e rinomati Radiohead, ma più fluida, veloce e capace di entrare nel merito del paesaggio caotico che ci circonda.

Pitchfork, invece, propone la classifica che mi piace di meno. Fa quella che è, per me, la scelta più discutibile tra quelle viste finora, proponendo Beyoncé in prima posizione. Per quanto mi riguarda questa è la classifica meno avvincente, per cui mi ci soffermerei meno, una classifica che non fa altro che confermare pochi nomi: Black Country New Road (49°), The 1975 (33°), The Smile (21°), Cate Le Bon (20°), Bjork (12°), Big Thief (7°) e Alvvays (3°).

Wired sottopone ai suoi lettori la propria classifica in maniera sintetica, sposando a pieno i tempi moderni, senza tanti commenti, rimandando, per eventuali approfondimenti, alle relative recensioni, con Lucrecia Dalt ad occupare la prima posizione, altra scelta che, personalmente, trovo poco condivisibile, mentre gli artisti e le band che abbiamo seguito finora non trovano, purtroppo, alcun consenso. Solamente due nomi: il primo nome è quello di Bjork all’8° posto, con un album che, tra l’altro, non mi ha particolarmente entusiasmato, mentre i più solidi The Smile occupano un tranquillo e rispettabile 27° posto. L’unica vera nota positiva di questa classifica è la comparsa di Moin (24°), poi null’altro che mi abbia incuriosito, ma, ovviamente, come già detto, si tratta di gusti personali e quindi del tutto opinabili.

The Quietus apre la sua classifica con una splendida ed inattesa Kelly Lee Owens (50°), mentre ritroviamo Working Men’s Club (45°) e Suede (17°).  Tra le novità abbiamo, finalmente, in una classifica di fine anno, la presenza dei Porridge Radio (40°). La prima posizione se la aggiudicano, invece, i Jockstrap con la loro musica in perenne movimento, irrequieta, curiosa e metropolitana; un album che non rappresenta una novità perché era stato in grado di entrare in tutte le classifiche che abbiamo analizzato finora, ad eccezione di quella di Wire: 14° per NME, 36° per Mojo, 26° per Uncut, 15° per Pitchfork.   

Arrivando, finalmente, a classifiche di magazine italiani ci soffermiamo nello specifico su quella di Rumore e su quella di Indie For Bunnies. Lo storico mensile Rumore conferma, rispetto alle classifiche di stampo anglo-sassone analizzate in precedenza, i Wilco (39°), The 1975 (32°), Michael Head & The Red Elastic Band (30°), Sharon Van Etten (26°), Yard Act (21°), Wet Leg (17°), Angel Olsen (16°), Dry Cleaning (15°), Alvvays (14°), The Smile (10°), Arctic Monkeys (9°), Jockstrap (7°), Black Country New Road (6°), Big Thief (2°), mentre, infine, gli irlandesi Fontaines D.C., con il loro album più politico, conquistano il 1° posto, confermando come, qui in Italia, la band di Dublino sia riuscita, sin da subito, con le tematiche proposte e le sue sonorità di matrice post-punk, ad avere un proprio pubblico. Tra le novità troviamo lo stoner-rock dei Nebula (48°), le trame metalliche dei Ghost (45°), le oscure sfumature doom della band italiana dei Messa (36°), l’eterea Maria Chiara Argirò (35°), le reminiscenze punk-rock dei Crows (25°), l’hip-hop viscerale di Kae Tempest (23°), il glorioso ritorno dei Beach House (22°), l’elettronica neo-melodica napoletana di Nziria (20°), le ombre e i fantasmi evocati dai The Black Angels (19°), le influenze mediterranee prposte dai Nu Genea (18°), l’indie new-yorkese dei Bodega (12°), le melodie nostalgiche di King Hannah (5°). Una classifica, quella di Rumore, che, sinceramente, rispecchia, in più punti, quelle che sono le mie personali preferenze sonore.

Indie for Bunnies conferma alcuni nomi: Black Midi (48°), Jack White (41°), Spiritualized (38°), Moin (35°), Working’s Men Club (34°), Wet Leg (33°), Kae Tempest (18°), Angel Olsen (17°), Beach House (12°), Big Thief (11°), Yard Act (10°), Dry Cleaning (8°), Arctic Monkeys (7°), Alvvays (6°), Suede (5°), Black Country New Road (4°), King Hannah (3°), Fontaines D.C. (2°) e i già decorati The Smile (1°) conquistano la prima posizione anche per il magazine italiano, divenendo, probabilmente, la band che ha trovato maggiori consensi nelle diverse classifiche di questo 2022. Tra le novità, invece, vorrei citare le sfumature oscure di A.A. Williams (47°), il rock-blues alternativo di The Afghan Whigs (45°), l’elettronica sensuale e riflessiva di Caterina Barbieri (36°), le funkeggianti distorsioni dei C’mon Tigre (31°), il nuovo sogno degli Alt-J (25°), la tavolozza policromatica proposta da Paolo Nutini (23°), lo spirito indomito e ribelle di Florence + The Machine (21°) ed infine l’elettronica cupa e meditativa di Trentemoller (9°).

Classifiche, dunque, che, come abbiamo constatato, propongono, costantemente, alcuni nomi – da The Smile a Jockstrap, da Wet Leg ad Arctic Monkeys – ma che presentano anche – fortunatamente – salvandoci dal pericoloso rischio di un eccessivo appiattimento ed una malsana omologazione – le proprie peculiarità. Peculiarità che sono figlie delle diverse sensibilità artistiche, dei diversi gusti, delle diverse prospettive e conoscenze ed anche delle diverse esperienze di coloro che sono stati chiamati ad esprimere il proprio giudizio, fornendo così, ai tanti ascoltatori e lettori, tra i quali, ovviamente, c’è anche il sottoscritto, un panorama musicale che fosse il più ampio, eterogeneo e interessante possibile e, di conseguenza, consentendo a ciascuno di noi di scoprire, eventualmente, gemme preziose che, magari, ci erano sfuggite.

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About The Author

Michele Sanseverino, poeta, scrittore ed ingegnere elettronico. Ha pubblicato la raccolta di favole del tempo andato "Ummagumma" e diverse raccolte di poesie, tra le quali le raccolte virtuali, condivise e liberamente accessibili "Per Dopo la Tempesta" e "Frammenti di Tempesta". Ideatore della webzine di approfondimento musicale "Paranoid Park" (www.paranoidpark.it) e collaboratore della webzine musicale "IndieForBunnies" (www.indieforbunnies.com).

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