“Broken Spectre” è l’installazione visuale di Richard Mosse che, tramite sofisticati sensori multri-spettrali, ha fornito una rappresentazione cromatica diversa, dai forti connotati immaginifici ed alieni, alla maltrattata natura del nostro pianeta. A questa installazione, Ben Frost ha dato una consistenza sonora unica, realizzando così un album – dalle tonalità cupe, estranianti e drammatiche – che riflette a pieno, in maniera cruda ed assolutamente veritiera, quelle che sono, purtroppo, le condizioni della foresta Amazzonica, il polmone verde della Terra, sulle cui risorse hanno, da tempo, messo gli occhi quelle avide multinazionali che, influenzando e manipolando le politiche locali, sono interessate solamente al proprio tornaconto materiale.
Questa corsa sfrenata, prima o poi, finirà in un baratro dal quale non ci risolleveremo più; ormai è evidente che il modello neo-liberista è un modello malsano che produce sempre più inquinamento, sempre più catastrofi ambientali, sempre più guerre economiche, sempre più ingiustizie sociali, sempre più veleni. Il disco, però, nonostante le sonorità elettroniche e sperimentali che si specchiano in un torbido e turbolento orizzonte ambient di matrice industriale, è anche il disperato grido d’aiuto della natura, della terra e dell’aria, dei mari e dei fiumi, delle piante e degli animali e di tutti gli uomini di buona volontà che tentano, con coraggio, di opporsi a questa cultura che amplifica, continuamente e in modo esponenziale, la necessità di produrre e consumare.
Ovvio, dunque, che queste dodici canzoni, tentando di testimoniare, dal punto di vista musicale, momenti e atti diversi della scempio, assumano un sapore triste, amaro e doloroso, che è quello del fallimento dell’uomo moderno, il quale, nonostante le sue innumerevoli conoscenze, ha permesso al proprio egoismo, alla propria arroganza e ai propri deliri di onnipotenza di prendere il sopravvento sulla sua umanità. Un fallimento che pagheremo a caro prezzo se non invertiremo la direzione della nostra società globale, intanto Ben Frost manipola le voci, i rumori, i sussurri, i respiri della natura, focalizzandosi sulla malattia, ma anche sulle percezioni e le emozioni che essa è in grado di trasmetterci, dando vita sullo sfondo, sempre più massificante e prevedibile dei nostri pensieri, a forme, figure, geometrie, astrazioni, idee e sensazioni che rappresentano quella che è la vera bellezza sulla quale possiamo contare e dobbiamo confidare, svincolandoci da tutte quelle rappresentazioni fasulle, menzognere ed ipocrite che ci vengono suggerite/imposte dai media.
Ne saremo capaci? Solleveremo, finalmente, il nostro sguardo dallo schermo luminoso che ci narcotizza e ci accorgeremo di quello che abbiamo attorno?
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