Un viaggio attraverso la poesia, le parole, i discorsi, le divagazioni filosofiche, politiche e sociali di Pier Paolo Pasolini, lasciando che le sonorità elettroniche del disco donino uno spessore sonoro ad una merce che sappiamo essere eterea, eterna, destinata a sopravviverci e rimanere, di conseguenza, per sempre, inconsumata.
Narrazioni verbali che sono ancora attuali e che – anche grazie alla musica proposta, alle ampie e accattivanti dinamiche prodotte dai sintetizzatori, alla drammatica profondità dei bassi, alla sovrapposizione di voci esterne, di interferenze radio e di rumori di diversa natura – trascendono il tempo e lo spazio nel quale erano state concepite ed espresse e giungono fino ai nostri giorni, alle nostre caotiche realtà metropolitane, attraversando la nostra società tecnologica, i suoi frenetici modelli di produzione e di consumo, le sue politiche post-industriali, iper-liberiste e neo-colonialiste e soprattutto quell’approccio, sempre più finto e virtuale, alle emozioni e ai sentimenti che smarriscono, purtroppo, la loro consistenza più veritiera ed onesta, diventando, semplicemente, il riflesso sbagliato, fluido e fasullo, delle piattaforme social attraverso le quali le masse narcotizzate interagiscono con il mondo esterno, con le istituzioni, con i propri simili, costruendo rapporti che sono, ovviamente, malati, inutili ed alienanti.
E così le nostre coscienze vengono manipolate e i valori etici, più puri ed originali, vengono alterati mediante elementi formali ed estetici artificiali che ci spingono, sempre più, verso l’edonismo consumistico di cui parla Pasolini: una spirale anti-culturale che ci peggiora e che riesce in quell’opera di abbruttimento e di omologazione nella quale, all’epoca, neppure il fascismo riuscì ad imporsi, preferendo, di conseguenza, vista la sua incapacità, mettere in atto quelle che erano, essenzialmente, delle azioni ottuse, violente e criminali, che, però, per quanto nefande, non furono mai in grado di scalfire quella realtà che, invece, le politiche neo-liberiste attuali hanno dimostrato di saper piegare, perfettamente, ai propri propositi, ai propri scopi e alle proprie necessità.
“La Caduta Di Roma”, “Fascisti Nello Spazio”, “Digital Video Broadcasting” esprimono, appunto, la micidiale crudeltà di questo nuovo potere, il medesimo potere anti-democratico di cui parlava e cantava anche Fabrizio De André, un potere che, attraverso i suoi finti eroi, le sue compiacenti narrazioni mediatiche, i suoi modelli estetici predefiniti, le sue mode temporanee, la sua eterna precarietà, si impone alla totalità delle persone comuni, ad intere nazioni, andando a distruggerne la cultura, gli ideali, le usanze, le tradizioni e persino la lingua, cancellando tutte quelle particolarità, quelle differenze, quelle specificità, quelle spigolosità che sono, in fondo, la ricchezza dei popoli. Ed allora? Ed allora non ci rimane che sopravvivere, aggrappandoci all’amore più puro ed insostituibile, come è, ad esempio, l’amore materno, un amore immenso, ma un amore che ci condanna, purtroppo, ad una esistenza consapevole di dover affrontare, prima o poi, l’atroce vuoto della solitudine (“Supplica A Mia Madre”). Il problema, dunque, non è tanto trovare quel consolo e quella speranza che non possono esistere (“Evangelium”), ma sapersi relazionare con il mondo che ci circonda, con le persone che ne fanno parte, in una maniera visceralmente vera, superiore a qualsiasi retorica materialista, in modo da entrare in sintonia con la loro essenza invisibile, con quell’anima nella quale si concentrano la nostra fantasia e la nostra creatività, i nostri sogni e le nostre passioni.
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