“Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il Poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi.” (Arthur Rimbaud)
Il pressapochismo politico, nel quale noi italiani siamo, purtroppo, gli indiscussi maestri, ha fatto sì che, oltre la Manica, quel movimento artistico, culturale ed espressivo, definito, un po’ troppo genericamente, come post-punk, traesse ispirazione dalle iper-liberiste politiche post-Brexit per costruire una propria attuale, incisiva, coesa e travolgente narrazione sonora.
Una dimensione musicale sicuramente più florida e più veritiera rispetto quella nostrana, nella quale, tranne pochissime eccezioni, del tutto avulse rispetto al carrozzone mainstream nazional-popolare, si è sempre preferito accodarsi, supinamente e scelleratamente, a decisioni, a proclami e a decreti che, il più delle volte, erano palesemente inutili, folli, insensati, controproducenti e maniacali. Ed oggi, come se nulla di quello scempio illiberale e paranoico fosse accaduto, è tutto un sollevare gli scudi in difesa di quella stessa Costituzione che, all’epoca dei fatti, veniva, sistematicamente, ignorata ed umiliata, soprattutto da quella pedante élite culturale da salotto che, adesso, ne tesse le lodi.
Ecco il motivo per il quale, in Italia, ahinoi, non avremo mai gli Sleaford Mods, gli IDLES, i Working Men’s Club, i Dry Cleaning o gli Yard Act, ma ci toccherà, per sempre, il triste spettacolo sanremese.
Deprimente e con una visione della realtà e delle persone molto limitata. Nessun sovvertimento estetico, nessuna reale tensione sociale, nessun conflitto emotivo, solamente un banale appiattimento su forme lineari, regolari e politicamente corrette, che, alla fine, a livello pratico, avvantaggiano proprio quella destra populista che avrebbero voluto criticare, diventandone, invece, un ottimo strumento di propaganda, proprio come un banale TG o un giornale di regime.
Alla musica, agli artisti, alle band dovremmo chiedere, invece, la rappresentazione sonica del caos, dovremmo pretendere che essi fossero un reale strumento con il quale poter polemizzare contro tutte le autoritarie forme di mercantilismo che ci opprimono e ci costringono a condurre esistenze che non sono davvero le nostre. Le nostre motivazioni più intime restano, in fondo, sempre le stesse, quelle della poesia romantica e crepuscolare, quelle delle avanguardie beat, quelle della subcultura punk e, più in generale, quelle di chiunque si ponga il problema del fatto che, oggi, le persone vivono in un profondo stato vegetativo, nullificano il tempo a loro disposizione e accettano la propria condizione statica, la propria paralisi, la propria passività celebrale, senza più alcun segno d’amore, di rabbia o di follia. Perché tutto quello che facciamo è, in realtà, finto e spettacoli indegni come Sanremo, i vari talent o reality show, le tanto declamate e visualizzate storie virtuali, le piattaforme social nelle quali stiamo morendo, ci hanno tolto la possibilità di scegliere e, senza le scelte e le loro conseguenze, noi siamo vuoti, senza più alcuna personalità e soprattutto nessuna voglia di renderci davvero veggenti.
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