L’archivio dei Sonic Youth presente su Bandcamp è una creatura viva e pulsante, testimonianza e voce di un rock nevrotico, rumoroso, viscerale che non apparteneva e non appartiene solo al suggestivo e definito orizzonte geografico newyorkese, ma al mondo intero. Queste sonorità sono riuscite, infatti, ad abbattere ogni barriera spaziale, temporale, sociale e generazionale, per trasformarsi in un linguaggio espressivo universale. Un linguaggio in perenne evoluzione musicale, tecnica, sentimentale e sensoriale che continua ad attualizzarsi, confrontarsi e riflettersi, non solo in quelle che sono le mode, le tendenze o le forme estetiche del particolare momento storico che stiamo vivendo, ma anche nella cruda verità dei fatti e degli eventi politici contemporanei.
Verità che non sempre sono immediatamente accessibili, nonostante la potenza e le tecnologie sofisticate sulle quali, oggi, possono contare i nuovi e i vecchi media, ma che sono spesso oscurate, in toto o in parte, per dare ai popoli la sensazione di vivere in un mondo migliore, rispetto al passato, e disporre di livelli di sicurezza, di benessere, di pace più solidi. Ma, invece, le guerre sporche, le tirannie, i tentativi di controllo e manipolazione, le dinamiche neo-colonialiste, l’arroganza economica delle lobby finanziarie globali e soprattutto un becero sistema di discriminazioni razziali, religiose, etniche, linguistiche e sociali, sono estremamente attuali e influenzano, purtroppo, in peggio, questo pianeta, il suo stato attuale di salute, nonché il futuro e le prospettive di vita di ogni singola creatura vivente, esattamente come accadeva nei secoli più bui della nostra storia.
Per ogni muro che abbiamo abbattuto, altri muri, più alti, più grossi, più minacciosi, sono stati edificati altrove, continuando a dividere e limitare lo spazio a disposizione delle persone, in modo da tenerle separate e quindi renderle più deboli e controllabili, anche grazie a quelli che sono meccanismi di diffidenza, di paura e di odio che affondano le loro radici nell’epoca più ancestrale e selvaggia dell’umanità. Svincolarsi da queste ombre è possibile? Oppure l’unica strada percorribile è quella di una Terra senza più esseri umani? Un evento tragico che, ormai, non è solamente destinato a fornire spunti e riflessioni a coloro che amano il genere letterario e cinematografico post-apocalittico, ma che viene ampiamente discusso e valutato nelle stanze del potere, non solo alla luce della recente pandemia globale, ma anche a causa dei venti di guerra, sempre più impetuosi, imprevedibili ed incontrollabili e che potrebbero, in un attimo, trasformare quelli che sono considerati solo conflitti regionali in delle contese su scala mondiale, il cui unico risultato certo sarebbe la fine della vita su questo pianeta, almeno di quella vita che abbiamo conosciuto e della quale abbiamo fatto parte.
E se nel 1989, in un mondo che si diceva dovesse incamminarsi verso un’epoca di pace, di sicurezza e di speranza, un mondo senza più il terribile muro di Berlino, un mondo che avrebbe visto la fine della guerra fredda, la conclusione della proliferazione di armi nucleari, nonché il fatto che nuovi popoli raggiungessero l’agognata indipendenza e si incamminassero lungo sentieri di libertà, oltre che la definitiva trasformazione del nemico del passato in un nuovo partner con il quale poter affrontare le nuove sfide politiche ed economiche del terzo millennio, un evento rock a Kiev, come, appunto, un concerto dei Sonic Youth, era qualcosa di realizzabile, oggi, invece, appare solo un’illusione, oltre che un desiderio puramente superficiale ed infantile, in una città che vive, quotidianamente, purtroppo, con la morte, con i missili, con i bunker, con le restrizioni economiche e sociali che la guerra causa ed impone soprattutto alle persone più sole, più fragili e più indifese.
Pensavamo di essere migliori, di essere più giusti, di aver imparato dagli errori e dalle nefandezze del recente passato, ma, invece, continuiamo ad utilizzare la violenza, l’odio, la rabbia, la paura per sottomettere gli altri e costringerli a fare ciò che vogliamo. Non ci sono mai state, non possono esserci, né ci saranno mai giustificazioni politiche, economiche, etniche, religiose, filosofiche o territoriali al riguardo e finché qualcuno tenterà di trovarle significa che siamo ancora troppo lontani da quell’epoca di pace, di benessere e di sicurezza di cui, tante volte, abbiamo ascoltato i nostri leader mondiali, i media compiacenti, i nostri incapaci politicanti blaterare senza alcun profitto.
Comments are closed.