Oggi, più che mai, noi, esseri umani, abbiamo perduto la capacità di avanzare e di crescere verticalmente, raggiungendo, di conseguenza, stadi superiori di conoscenza del nostro inconscio, dei nostri sentimenti, della nostra emotività e delle nostre percezioni, anzi siamo rimasti del tutto invischiati in una palude digitale, iper-tecnologica ed orizzontale, assolutamente statica e senza sbocchi. Sprofondiamo, sempre più, in questa dimensione fasulla ed ossessiva, mentre teniamo strette in mano vecchie e consumate cartoline ingiallite – testimonianze di un tempo trascorso – che continuiamo a fissare, con drammatica e sognante malinconia, mentre il mondo, tutt’intorno a noi, sta andando in rovina.
Il progresso al quale avevamo affidato le nostre anime e i nostri corpi, li ha, letteralmente, fatti a pezzi, costringendoci a vagare in una landa arida e moribonda, scandita dalle guerre, dai conflitti, dalle ingiustizie e dai fantasmi del passato, senza alcun rispetto per la vita delle persone. Intanto i nostri occhi restano abbassati, fissi sugli schermi luminosi degli smartphone che continuano a drogarci con le loro bugie, le loro eterne ed irraggiungibili bellezze, i loro rassicuranti consigli, trasformandoci in dei veri e propri zombi, gli ultimi testimoni della decadenza e della fine della cultura occidentale, intenti solamente a cercare un rifugio tra le macerie, magari un vecchio albergo nel quale fermarsi e ricordare.
Hotel Moderno è uno di questi ultimi rifugi sonori del mondo, un rifugio di trame indie-rock, di divagazioni elettroniche, di ritmiche scarne e spigolose, di melodie sinistre e distorte, di storie eroiche e dolorose, di leggende capaci di andare oltre il bianco e il nero, mostrandoci la realtà più sfuggente e blueseggiante, quella obliqua e imprevedibile, quella che non si lascia definire, catturare, contenere e controllare. Quella stessa realtà che noi, gli ingrati, i viziati, i deformi, abbiamo, spesso – a volte per paura, a volte per opportunismo – finto di non vedere, privandola del suo contenuto di verità e nascondendolo altrove: in un sogno, in un assolo, in una fantasia, in un delirio, in una delle stanze all’ultimo piano, magari in una di queste dieci canzoni, in attesa che qualcuno, prima o poi, ne riscopra il messaggio e lo diffonda, nella speranza, ovviamente, che ci sia ancora qualcuno in grado di ascoltare, di emozionarsi, di farne tesoro.
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