Quattro canzoni, quattro affascinanti viaggi mentali, sensoriali ed emotivi, quattro devastanti esperienze strumentali, quattro maestosi intrecci sperimentali di sonorità di matrice progressive-rock, metallica, doom, spaziale e psichedelica che conducono gli ascoltatori nel reame inconscio del sogno, laddove, in un cielo terso e profondo, brillano tutte le verità che, solitamente, presi dagli affanni delle nostre quotidiane e materialiste esistenze, preferiamo trascurare, imprigionare, negare e magari nascondere agli sguardi, alle opinioni e ai giudizi altrui, quelli che non abbiamo mai richiesto, ma dai quali ci sentiamo, costantemente, minacciati.
I Clouds Taste Satanic riescono, invece, a stimolare le nostre fantasie sopite, si sincronizzano con le nostre passioni più segrete, con i nostri bisogni più intimi ed anche con le nostre paure inconfessate. Il loro stoner rock ha il sapore dolce e familiare delle leggende del passato, ma, oltre l’ammaliante ed ancestrale epicità del rock heavy-psych delle origini, oltre le melodie avvolgenti, oltre le ritmiche incisive, esso si rivolge soprattutto al futuro, ad un futuro che è sempre più frenetico, più sfuggente, più precario, più invasivo e più tentacolare. Le nostre vite, infatti, vengono continuamente scandagliate: ogni nostra scelta, ogni nostra azione, ogni nostro comportamento, ogni nostra parola – anche la più insignificante – sono utilizzate per costruire, ad arte, tutt’intorno a noi, il mondo virtuale che preferiamo, quello nel quale ci sentiamo falsamente protetti, amati ed appagati, così da disorientarci, confonderci e allontanarci da quella che è la cupa, drammatica, ostile e conflittuale realtà dei nostri giorni. Giorni che, invece, sempre più, rinunciano al controllo e alla determinazione del proprio futuro e finiscono per essere risucchiati in una terribile, arida, penosa ed alienante spirale presente, sempre identica a sé stessa.
La musica, con i suoi riff e i suoi assoli, con il suo groove catartico, le sue trame energiche, martellanti e grintose, i suoi passaggi più acidi, più riflessivi e più magmatici, è essenziale per suscitare in noi delle domande, per alimentare i nostri salvifici dubbi, per spezzare il cerchio solitario delle finzioni e risvegliare la nostra curiosità, la nostra sete di verità e di conoscenza, la capacità di servirsi degli stimoli e delle percezioni esterne, alla luce di quelle che sono state le nostre esperienze personali, le nostre passioni e i nostri sentimenti, per costruire e condividere i frutti della nostra creatività con il mondo esterno, senza più alcun timore, senza più alcuna ipocrisia, finalmente in grado di far ascoltare la voce della propria anima.
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