C’era una volta la Broken Britain, ora non c’è più nemmeno quella sciagurata realtà, persino la rabbia è stata spazzata via e non ci resta che vagare, come poveri zombi senza cervello, in questo assurdo luna-park virtuale nel quale una classe politica senza scrupoli, senza idee, senza spina dorsale e senza alcuna capacità, ha rinchiuso i propri cittadini, narcotizzandoli a furia di slogan politicamente corretti e di promesse inerenti il futuro, la stabilità, il lavoro, la casa, la scuola, la giustizia sociale, l’assistenza sanitaria, le pensioni che si riveleranno essere tutte delle enormi balle.
Perché finché le risorse saranno suddivise in maniera iniqua tra le varie nazioni e poi, all’interno delle singole nazioni, saranno, a loro volta, suddivise in maniera iniqua tra le persone, facendo sì che una minoranza esigua concentri nelle proprie mani la totalità delle ricchezze e del potere, è ovvio che noi, poveri disgraziati, continueremo a lottare per una misera boccata d’aria, tentando di evitare queste terribili ondate di merda ribollente che ci arrivano, puntualmente, addosso da ogni lato.
Ed intanto i privilegiati alla Rishi Sunak, alla Matt Hancock, alla Nigel Farage, alla Boris Johnson, continueranno a fotterci, inculcando paure inesistenti nelle nostre teste, affinché loro ed i loro amici possano tenersi stretti i loro dannati soldi ed anzi abbiano la possibilità, sfruttando, in maniera opportuna questa o quella guerra, questa o quella crisi economica, sanitaria, migratoria o sociale, di incrementarli.
Ma se in Inghilterra, lontani dal virtuale reame finanziario londinese, la speranza ha lasciato, purtroppo, il posto all’esclusione sociale, alle malattie psicologiche, alla povertà, alla solitudine, all’individualismo e alla sistematica distruzione di ogni forma di solidarietà, qui in Italia non è che ce la passiamo poi tanto meglio, tant’è vero che le invettive urgenti degli Sleaford Mods, i loro preziosi vaffanculo, le loro crude e veritiere analisi della realtà e il loro fiero disprezzo nei confronti di una classe politica fallimentare, trovano un territorio altrettanto fertile. Un territorio nel quale le combattive e scarne sonorità post-punk, le ironiche e cupe disamine hip-hop, le minimali ed accattivanti ritmiche elettroniche, lo spoken word incisivo, incazzato e profondo di artiste come Florence Shaw, diventano lo sfogo e la misura di tutta la nostra indignazione e tutta la nostra frustrazione contro un sistema che, quotidianamente, non solo si prende gioco delle nostre passioni, dei nostri ideali e dei nostri sentimenti, ma poi ci costringe ad accettare il fatto che è meglio così, che gli dobbiamo essere grati per quel poco che ci viene concesso, prima che qualcun altro, dal quartiere vicino, dalla regione confinante, da un altro paese, magari al di là del mare, venga a portarci via tutto.
Tutto ciò fa sì che “UK Grim”, questi quattordici brani che trasudano d’orgoglio e rivolta poetica, rifiutando qualsiasi tipo di auto-commiserazione, vadano ben oltre i confini di un normale disco ed assumano un ruolo, un significato ed uno scopo politico preciso, quello che ormai nessun partito o movimento politico o sindacale, di sinistra o di destra, è in grado di esprimere e cioè quello di ribaltare i ruoli attuali di subalternità e ridare forza a tutto ciò che è considerato periferia: periferia geografica, periferia urbana, periferia sociale, periferia economica, periferia contrattuale, periferia dei diritti, della verità e della giustizia.
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