Perché la nostra mente vaga, continuamente, tra passato e futuro? In fondo, il passato è pieno di errori e di delusioni, di ricordi che non riusciamo più a trattenere e che, quindi, ci deprimono, mentre il futuro è solamente l’ennesima scommessa, una previsione che potrebbe rivelarsi del tutto sbagliata. Perché lasciarsi paralizzare, dunque, dalla paura e da quelle che non sono altro che mere illusioni?
“Per Sempre Con Me”, il nuovo brano di Sick Tamburo che può vantare, come seconda voce, su Robera Sammarelli dei Verdena e un’artwork illustrata da Alessando Baronciani, è una lucente gemma di decadente romanticismo ed alienante distopia. Una favola futurista che è destinata alle macchine e ai robot, i cui algoritmi continuano ad annaffiare un fiore, quello del genere umano, che si è, ormai, estinto da tempo.
Perché? Di chi è stata la colpa, se c’è davvero stata una colpa? Non c’è dato saperlo, ormai è solo un fatto archiviato, chissà dove, nella memoria di qualche super-calcolatore, nei meandri luminescenti di un’intelligenza artificiale che tenta, invano, ogni giorno, di rinnovare quella testimonianza di bellezza e di fragilità, di ingegno e di irrazionalità, di gentilezza e di passionalità, di creatività e di auto-distruzione, di razionalità ed illusionismo che sono stati gli esseri umani. Ma per quanto quel robot ci provi, per quanto si affanni, per quanto si impegni, per quanto continui a perdersi nei suoi calcoli, i suoi circuiti neurali, le sue elettroniche sofisticate, i suoi codici complessi ed auto-rigenerativi, non riusciranno mai a comprendere quel mistero in grado di trasformare quelle debolezze carnali in un profondo e prezioso abbraccio spirituale. L’unica cosa possibile e sensata, allora, sarà far rivivere ed ammirare quel mondo, quelle persone, quelle canzoni, quelle creazioni, quei palazzi catalogati, con accuratezza e precisione, su silenziosi e gelidi hard-disk.
Ed è così che la ragazza compare all’improvviso, accompagnata dalle familiari sonorità di Sick Tamburo, intrise di accattivanti riverberi elettronici, mentre il tremore familiare delle sue mani, l’instabilità delle sue scelte, il frammentario orizzonte delle sue passioni, l’imprevedibilità dei suoi sorrisi e delle sue lacrime, ci riportano al nostro presente, un presente che, per quanto possa apparirci torbido o deludente, è l’unico tempo a nostra disposizione e soprattutto l’unico tempo nel quale possiamo creare, conoscere, cercare, tentare di essere felici ed appagati.
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