Esistono le coincidenze? Oppure sono solamente statistiche, numeri e formule che producono tutte le immaginabili e possibili combinazioni e che, prima o poi, ci doneranno quel luogo e quel tempo nei quali sentirci, finalmente, in pace con noi stessi, con quello che abbiamo fatto e con tutti i ricordi che abbiamo accumulato. Ricordi che vanno a finire in questo strano albergo, l’Hotel Souvenir, nel quale è bello immaginarsi Dente nelle vesti del portiere notturno al quale affidiamo i nostri sogni, le certezze che sono ormai sfumate, le idee che sono, irrimediabilmente, cambiate e tutte le nostre care e preziose vulnerabilità.
Un disco che guarda alla realtà delle cose, che mescola il passato e il futuro, che non nasconde la malinconia di tutte le occasioni che, oggi, scopriamo di aver perduto. Ma, tutto sommato, è inutile farne un dramma, perché, in fondo, siamo stati noi a voler seguire un altro percorso, un altro cielo, la scia di un’altra cometa; una cometa che ci faceva sentire più vivi, più impegnati, più coinvolti, più disposti ed aperti verso il mondo esterno, verso i suoi colori e le sue percezioni, piuttosto che preoccupati solamente della nostra sicurezza, del nostro focolare, delle nostre abitudine o del nostro bilancio esistenziale.
E se la stanza che abbiamo ricevuto, questa notte, è una stanza solitaria, chissenefrega. Anche nella solitudine esistono tesori che vanno scoperti, Faber ci ha mostrato come può essere luminosa e confortevole la solitudine, mentre le trame della chitarra acustica diventano un tutt’uno con le parole, scorrono sempre più velocemente, più degli stessi pensieri, più dei fallimenti, più delle promesse e si trasformano in un nuovo sentiero da seguire, in un nuovo mare da navigare, in una nuova casa da costruire, una casa con tante altre stanze da riempire di cose, di storie, di eventi, di fatti, di immagini, di persone.
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