“Rest Lurks” è il frutto di esperienze e storie differenti, che avrebbero dovuto respingersi e, invece, chissà perché, si intrecciano in maniera naturale, conducendo ad un album che mescola slowcore, melodie circolari, atmosfere nebbiose, malinconia costruttiva e sfumature elettroniche rarefatte, mettendo gli ascoltatori a proprio agio.
Uno specchio melodico nel quale vediamo noi stessi, come siamo adesso, com’eravamo qualche anno fa. Attraversiamo e ricordiamo gli eventi recenti, compresa quella pandemia che, a volte, siamo riusciti anche a sfruttare per dare voce alla nostra parte più intima ed introspettiva, a tutti i pensieri che, di solito, non riusciamo ad ascoltare e a quelle percezioni che, normalmente, restano sullo sfondo, diventando i rami secchi delle strade che non abbiamo mai percorso, dei libri che non abbiamo mai letto, dei film che non abbiamo mai visto, delle scelte che non abbiamo mai compiuto, delle persone che non abbiamo mai conosciuto davvero, limitandoci ad un’alzata di spalle, ad una parola appena accennata, ad un sorriso di circostanza, ad un’idea sbagliata.
Ed eccole, invece, dodici idee che avrebbero dovuto sfuggirci, che avrebbero dovuto essere sbagliate, ma che, adesso, sono qui, con il loro arco melodico e narrativo ben definito, capace di unire indie-folk nostalgico, suadenti e morbide trame post-rock e una consapevolezza che non diventa mai scontrosa, mai cattiva, mai gratuitamente arrabbiata, ma che tenta di lasciarci i margini necessari affinché – tramite la fantasia, la sua malleabilità, la sua indissolubile ed eterea dose di speranza – potessimo pensare di andare oltre a tutta la merda che, spesso, ci piove addosso e ci rende tristi, scoraggiati, soggiogati, nevrotici e incapaci di prendersi la bellezza, che, invece, viene ancora prodotta tutt’intorno a noi. Dobbiamo, semplicemente, sintonizzare, diversamente, il nostro sguardo, la nostra curiosità, i nostri comportamenti, quelle che intendiamo avere come vere priorità.
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