Un disco incombente, l’ultimo dei Sigur Ros. C’è, infatti, qualcosa di oscuro – in sospeso – sulle nostre esistenze, sul nostro pianeta, sulle nostre città, qualcosa che sminuisce tutto ciò che di buono riusciamo a fare, riempiendo, nel frattempo, le nostre giornate di elementi tossici, di veleni industriali, di sovrastrutture mediatiche, di plastiche e di materiali sintetici. E tutto ciò ci distrae, di destabilizza, ci disorienta.
Intanto il tempo scorre, le generazioni, in parte, si sovrappongono l’una all’altra e la luce sembra attenuarsi, mentre le sonorità post-rock di “ÁTTA” si caricano di una cupa malinconia e di una visione apocalittica del nostro destino, ma anche della capacità, se opportunamente stimolati, di trattenere, attorno a sé, il meglio che ciascuno di noi è in grado di offrire: il coraggio di affrontare qualsiasi battaglia, la determinazione nel ricercare un percorso comune, piuttosto che continuare ad appagare quegli istinti che ci spingono verso una società sempre più chiusa in sé stessa, sulle proprie ipocrisie, sulle proprie finzioni, sui propri profitti e su un disinteresse generale verso tutto ciò che ha un’anima politica, lasciando, di conseguenza, ai peggiori di coltivare, indisturbati, i propri interessi economici; interessi che poi sono quelli della guerra, quelli dello sfruttamento indiscriminato delle risorse della Terra, quelli delle grandi multinazionali, quelli della continua emergenza lavorativa, sanitaria, sociale o climatica, in modo tale che le persone si sentano sempre più minacciate, più indifese, più deboli e quindi più bisognose di una guida ferma, forte, decisa, brutale ed autoritaria.
Gli archi assumono una ammaliante consistenza elettronica, lo spirito digitale e lo spirito analogico di queste dieci canzoni necessitano l’uno dell’altro, ci toccano il cuore e ci rammentano che siamo parte di un mondo che non è buio contro luce, ma è un mondo fatto di un numero illimitato di sfumature, di verità, di pensieri, di idee e di sentimenti che sono, in fondo, il combustile pulito che consente alla nostra speranza di alimentarsi e di sopravvivere ai fantasmi del passato e alle follie del presente, immaginando un prossimo futuro, che al di là di queste atmosfere oniriche, di questi riverberi immateriali, di queste vibrazioni minimali, riesca a trasmetterci, oggi, l’urgenza di fare le scelte più giuste.
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