Una tempesta hardcore-punk ha portato, magicamente, questa band americana sul nostro esplosivo litorale paranoico. Gli Scrowl non si limitano a seguire trame già scritte, non sono solo un abbagliante ed energico riflesso del passato, ma rappresentano una sorta di evoluzione sovversiva, pragmatica, realista, assolutamente attuale del genere. Melodia e velocità, certo, la cruda e dolente consapevolezza delle sonorità grunge, repentini ed improvvisi cambi di ritmo, l’appeal degli anni Novanta che, oggi, nell’epoca dei social e degli smartphone, si trasforma in un peso opprimente, in un marchio infamante, in un destino che riserverà solamente sguardi torvi, parole ingiuriose e cumuli di merda.
La band americana, però, non se ne fa un problema, continua imperterrita a scavare il proprio profondo e sonicamente rabbioso solco. Una trincea emotiva, dalla quale combattere il nemico con ogni proprio sentimento, ogni singola idea, ogni istinto irrazionale, ogni improvvisa incazzatura, ogni barlume di rassicurante e salvifica pazzia.
Questi riff esprimono la volontà di essere sé stessi, di fregarsene della cosa giusta da dire o da fare, della pubblica opinione, delle teorie politicamente corrette, rivendicando, nel frattempo, i propri sogni, le proprie scelte, la propria preziosa e lungimirante ambizione, un’ambizione che è speranza e che se ne frega se è malvista da un sistema che, invece, vorrebbe imporre i propri stili, le proprie mode, i propri miti ed i propri eroi. Ma noi non abbiamo affatto bisogno, così come non servono a Kat Moss, alle divagazioni grintose, ruvide e nevrotiche degli Scrowl, mentre i cinque brani di questo EP arrivano dritti e feroci al centro del cuore.
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