Le atmosfere che accompagnano “The Beggar” sono pervase da un cupo ed inquietante disagio; un disagio che non si limita a rimanere racchiuso nella nostra muta intimità, ma che assume una vera e propria consistenza fisica e materiale, trasformandosi non solo in un blocco emotivo, ma in un solco tra il nostro io e gli altri, siano essi amici, familiari, colleghi, semplici sconosciuti o affetti cari.
In un’epoca caratterizzata da un tossico eccesso tecnologico di comunicabilità, da innumerevoli connessioni multi-virtuali e da una disponibilità, praticamente illimitata, di dati e di informazioni, le nostre coscienze stanno sprofondando nei riverberi di “The Parasite”, in una ignoranza malsana che ci rende impossibile vivere, lasciandoci in balia di una spietata creatura che piega la nostra volontà, sottomette i nostri istinti naturali, corrompe i nostri sogni. Questa creatura, che assume la forma di una cacofonia silenziosa e perturbante, di un rumore virale, di un languido e strascicato inferno verbale, intriso di contagiose sonorità no-wave, è il profitto.
E così, attraverso scenari cinematografici apocalittici, incursioni jazzistiche, ingerenze metalliche, illusioni oniriche, metropoli deturpate e brutalizzate, rivolte e ribellioni senza alcun futuro politico, giungiamo a quell’odissea sonica che è “The Beggar Lover (Three)”: un viaggio di 43 minuti al quale partecipano tutti gli elementi precedentemente evocati dagli Swans; tra urla ed infestazioni rumoristiche, tra droni, tamburi e sperimentazioni, l’obiettivo è quello di rammentarci che sì, è vero, tutto finisce, la desolazione è perennemente in agguato, gli incubi sono reali, Lou Reed è lontano, probabilmente perduto, la morte è una bestia ostile e selvaggia, ma, adesso, noi siamo qui, siamo vivi e dovremmo sfruttare ciò che ci è stato offerto, senza che la nostra purezza e la nostra originalità vengano nascoste dalle sovrastrutture artificiali che ci chiedono, in cambio di quelli che sono meri e inutili vantaggi materiali, di rimandare, di dimenticare, di fermarsi, di sprecare il tempo, il nostro prezioso tempo.
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