I Militarie Gun, con la loro sezione ritmica incalzante, ma lineare e pulita, spingono il pop-rock ad uscire dalla propria rassicurante comfort zone e divagare in un territorio sonoro che resta, permanentemente, incrinato, obliquo e dolcemente dolente, un po’ com’è, in fondo, la nostra realtà, come sono le nostre giornate e i nostri affanni, conflitti ed amori quotidiani.
Le chitarre assumono un potere terapeutico, curano le ferite che, a volte, siamo noi stessi a procurarci, incuranti di quelle sirene interiori che, invece, ci stavano esortando a fermarci, a restare in silenzio, a fare buon viso a cattivo gioco, a trattenere la rabbia dietro la linea sottile di un sorriso appena accennato. Ma non possiamo essere sempre indifferenti, non possiamo nascondere, continuamente, le nostre emozioni dietro un muro di gomma, ci sono fuochi che vanno alimentati, al di là di qualsiasi sentenza, di qualsiasi luogo comune e di qualsiasi fatalismo.
Essere veloci, essere decisi, mentre le trame power-pop rendono la desolazione più sopportabile, aprendoci le porte di un mondo fantasioso nel quale la vulnerabilità non è più un atroce difetto, le dipendenze hanno uno spirito indulgente, perdere la testa non è considerato imbarazzante o sconveniente e le canzoni degli Who sono l’unica legge. Ed è così che “Life Under The Gun”, con i suoi ritornelli ad effetto e le sue chitarre elettrizzanti, ci restituisce a noi stessi, ai nostri amici, ai nostri affetti più cari, ricordandoci che possiamo fregarcene di tutto il resto, perché, tanto, alla fine, a nessuno di loro – con i loro cuori gonfi di denaro e i loro occhi resi ciechi dall’arroganza – non interessa assolutamente nulla dei nostri bisogni, della nostra felicità o della nostra salute. Che vadano a farsi fottere, dunque. Noi non vogliamo vivere, costantemente, minacciati dalla prepotenza e dalla ottusità delle loro pistole, delle loro manie e della loro rabbia.
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