12“Stars Eaters Delight” ci fa sentire a nostro agio in una dimensione fantastica, eterea e marginale, nella quale le sognanti, melodiche e suggestive trame ed atmosfere indie-pop del disco – armoniose ed astratte – utilizzano un approccio in bassa fedeltà all’arte, ai suoni sintetici del passato, alle tecniche di registrazione adoperate, alle nostre stesse sensazioni fisiche e spirituali, ricollocando, di conseguenza, in una dimensione bucolica, ancestrale, pura, purificante ed eternamente primaverile, le forme, le angolazioni, le prospettive e le idee che Lael Neale aveva concepito e inizialmente sviluppato in un ambiente estremamente urbano, sovrabbondante, complesso, denso di contenuti, iper-tecnologico e altamente frenetico.
Tutto ciò è entrato in contatto, ad un certo punto, con una visione più singolare, personale, soggettiva e silenziosa del mondo circostante, nella quale ogni singolo respiro, ogni singolo rumore, ogni singolo sussurro, ogni più piccola percezione ha avuto la possibilità di trasformarsi in un elemento sonoro aggiuntivo, una eco improvvisa o un prezioso riverbero. Elementi vividi che contribuiscono a definire quel fiume di sensazioni, di ricordi, di immagini, di stati emotivi, di domande e di visioni che ci rappresenta, scorrendo, nel frattempo, verso un futuro che ci è del tutto sconosciuto.
Un futuro che, nelle intenzioni dell’artista americana, non deve essere, per forza di cose, oscuro, cattivo e minaccioso; il nostro presente, infatti, lo è già abbastanza. Perché, dunque, non possiamo aspirare ad un’esistenza che non abbia più ombre, nella quale possiamo, sempre e comunque, qualsiasi sia il luogo o il tempo ai quali facciamo riferimento, sentirci connessi alla Terra, alla notte, alle tradizioni o alle fantasie, senza perdere la presa e il controllo del contenuto sociale e politico della nostra realtà?
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