Queste venti canzoni hanno potere, un potere che, ormai, prescinde la stessa band e l’inesauribile Damon Albarn, persino gli anni Novanta, indossati come fossero una comoda tuta Fila, perché raccontano una storia di amicizia, di passione, di nevrotico indie-rock, di ammiccamenti pop, di intemperanze punk, di oscillazioni dance, capaci di ampliare il ristretto contesto sonoro, temporale e geografico del britpop e mettere, al centro del nuovo album ed anche di questi show, la propria semplicità e i propri dubbi, al di là degli slogan e dei luoghi comuni che, all’epoca, accompagnarono, orgogliosamente, quella moda sciocca e fasulla che i media battezzarono come “cool Britannia”.
Oggi, invece, al di là dei facili sorrisi, delle grida o degli smartphone impegnati a catturare qualche immagine o qualche video, ci sono i dubbi e le domande di questi quattro cinquantenni riguardo ai propri sentimenti, al modo con cui lo scorrere del tempo li intacca, li corrode ed, a volte, li corrompe, trasformandoli in qualcos’altro. Certo vi sono i momenti abbaglianti di “Popscene”, “Beetlebum” o l’intramontabile “Girls & Boys”, alle quali fanno da contraltare dei passaggi più intimi, “Tender” è umana e corale e sembra, quasi, voler fare a pugni con quella che è stata una organizzazione dello spettacolo decisamente brutale e per nulla interessata al benessere delle persone.
Ci siamo divertiti, certo, abbiamo, idealmente, connesso generazioni diverse, abbiamo invertito lo scorrere del tempo, riattivando centri nervosi dimenticati, ma non è possibile tacere sulla scorrettezza dei famosi token obbligatori e non rimborsabili, acquistabili solamente in pacchetti prestabiliti di 5 e multipli di 5; non è possibile tacere sul fatto che solo in quell’area, denominata come “pit”, era possibile avere una visuale “umana” dello show, perché gli schermi presenti, ai lati del palco, erano assolutamente ridicoli; per non parlare, infine, dei sovrapprezzi che, dalle t-shirt alle birre alla spina, ci rammentavano, se per caso l’avessimo scordato, come funziona e come vogliono che continui a funzionare, oggi, la nostra società del debito.
Meglio rifugiarsi, allora, in quel miscuglio di nostalgia, di sano divertimento, di sottile ironia, di sensuale romanticismo che offrono i Blur, un’energia più forte di qualsiasi blocco, di qualsiasi pausa, di qualsiasi sospensione, perché le onde sonore, mentali e spirituali sotto, sotto continuano a diffondersi, ad essere dense di contenuti e a nutrirsi di quei sentimenti dei quali, a volte, non siamo più nemmeno consapevoli, ma che, fortunatamente, continuano ad essere parte attiva del nostro inconscio, dei nostri interrogativi, delle nostre sensazioni.
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