Stili sonori differenti coesistono, si alternano e si sovrappongono, creando un territorio assolutamente nuovo e innovativo, nel quale c’è spazio sia per le calde e solari ambientazioni folkeggianti e mediterranee della loro terra natia, che per le trame elettriche, caustiche e metropolitane, intrise di divagazioni elettroniche, distorsioni punkeggianti e spigolose, liriche dirette ed incisive e una visione torbida e conflittuale di una società che, dietro i suoi falsi sorrisini di circostanza e le sue politiche buoniste, sembra, sempre più, ripiegarsi su sé stessa, sulle proprie contraddizioni, sui i propri tormenti e soprattutto sulle proprie ingiuste ed assurde fobie.
GENN è ciò che accade quando non si ha più paura ad esprimere le proprie idee e i propri sentimenti, quando il rock indossa la sua veste più veritiera e, quindi, più alternativa e mette le parole, le chitarre, i sax, le tradizioni, i sogni e gli orizzonti al servizio di una narrazione musicale che intende mettere l’essere umano, i suoi bisogni, le sue passioni e la sua libertà d’espressione, al centro del discorso.
I quattro brani anticipano quello che sarà un album che ascolteremo con piacere, soprattutto perché non fa promesse scontate, non tenta di cavalcare alcuna moda o attuale tendenza politica, non si nasconderà dietro ciò che è considerato, mediaticamente, giusto, accettabile, consono o corretto, perché, ormai, di tutta questa inutile paccottiglia di frasi fatte e a buon mercato non ne possiamo davvero più. Meglio, dunque, essere altro, costruire altro, cercare altro, chiedere altro, pretendere altro.
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