Incontriamoci, lasciamoci, disperdiamoci, per poi ritornare, puntualmente, con una spiritualità nuova e un prezioso tesoro di esperienze, sia naturali, che metropolitane, nei luoghi familiari del passato e dare vita ad un album accattivante e notturno, nel quale i suoni psichedelici si innestano su un background di matrice elettronica, mentre i sintetizzatori e le chitarre, in un equilibrio perfettamente osmotico tra loro, ripercorrono e reinterpretano le spigolose, ossessive, crude e vibranti trame post-punk che, in tempi diversi, in situazioni diverse, a volte più arrabbiate e bellicose, altre volte più eteree e sognanti, hanno, sempre, attratto la nostra anima inquieta.
La notte è la dimensione nella quale non esistono confini invalicabili, mentre la assurda e folle arroganza di coloro che tentano, in tutti i modi possibili – sfruttando, subdolamente, catastrofi naturali o sociali ed alimentando una distribuzione iniqua ed ingiusta delle risorse di questo pianeta – di costruire muri sempre più alti e massicci, crolla dinanzi a queste sonorità pulsanti, ai bassi incisivi, all’eclettico miscuglio di suoni, di fatti, di eventi, di idee, di sensazioni e di idiomi che pervade “Datura”, il fiore dell’oscurità, il fiore che nel proprio grembo custodisce il bagliore salvifico della rinascita.
Nessun’ombra, quindi, per quanto minacciosa e virale, potrà annichilire la forza di questi otto brani, dei diversi elementi che si uniscono, incuranti di qualsiasi lockdown, di qualsiasi egoismo, di qualsiasi spregiudicata forma di tecno-capitalismo, amalgamandosi e dando consistenza ad un intreccio unico di no-wave, di vibrazioni dance, di atmosfere acide e futuriste.
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