Il tempo, è questo il nostro più grande potere e la nostra più grande risorsa, ma è anche ciò che gli altri – siano essi dei vili approfittatori, dei bramosi manipolatori, dei politici senza scrupoli o, semplicemente, delle persone comuni che hanno deluso e tradito il nostro amore, la nostra amicizia o la nostra fiducia – tentano di portarci via.
I Current Affairs danno l’impressione di essersi stancati di aspettare, di non voler aver più a che fare con quelli che vogliono solamente accaparrarsi, consapevolmente oppure no, del loro prezioso tempo. Costruiscono, allora, un mondo di bassi elastici e di chitarre abrasive, che la tagliente voce della cantante, Joan Sweeney, riesce a raccordare, abilmente, tra loro, in modo da dare vita ad un album – “Off The Tongue” – che costruisce, strada facendo, i suoi efficaci ed accattivanti ritornelli melodici, le sue energiche esplosioni elettroniche a base di sintetizzatori, i suoi passaggi più nostalgici e malinconici, le sue aperture sonore ed estetiche agli anni Ottanta, che ,ovviamente, non quelli del pop più modaiolo e patinato, bensì quelli punkeggianti e in bassa fedeltà, quelli che hanno continuato a bruciare, per anni, sotto la cenere mainstream, evolvendosi in tutto ciò che oggi amiamo definire post-punk. Perché, appunto, è sempre una questione di tempo, di ingegno e di energia che non possono e non debbono essere spese invano o, ancor peggio, sfruttate da qualcun altro.
Il disco, quindi, vibra di emozioni reali, affonda le sue unghie sonore nel senso d’urgenza, ci spinge a non aspettare invano l’assenso altrui, ma a scuoterci, a cambiare il ritmo delle nostre piccole vite e ad essere più grintosi, più selvaggi, più decisi nel perseguire le nostre idee, perché c’è qualcosa di assolutamente falso e ipocrita attorno a noi e la cosa più sana e più saggia che possiamo fare è tenere gli occhi aperti, non accontentarsi dei fatti che vi vengono raccontati mediaticamente e soprattutto non perdere mai di vista i propri sentimenti, le proprie cadute, le proprie lacrime, i propri momenti di rabbia, di dolore o di delusione, perché è anche da questi che possiamo ripartire e costruire qualcosa che risuoni di verità.
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