Le sonorità che contraddistinguono la band americana sono assolutamente eterogenee, gli Home Is Where adattano quelli che, in effetti, sono diversi linguaggi musicali a quello che, invece, è il concetto fondamentale attorno al quale si sviluppano i dieci brani di “The Whaler”.
Il mondo sta divenendo, sempre più, un luogo triste e desolante, abbiamo tradito ogni ideale, sminuzzato ogni utopia, infangato ogni sogno, per vivere un’esistenza che, in maniera superficiale ed ipocrita, consideriamo normale, ma che, in realtà, è una vera e propria prigione spirituale. Pensiamo che per esser felici e sentirsi soddisfatti sia sufficiente circondarsi di oggetti materiali e di tecnologia all’ultimo grido o, magari, essere presenti ed avere successo sulle diverse piattaforme social, ma, intanto, il pianeta muore, la natura muore, le persone muoiono e noi, che abbiamo la fortuna di vivere nell’opulento Occidente, siamo solamente dei morti viventi.
Non siamo più in grado di meravigliarci di nulla, di ricordare il nostro passato, di comprendere il dolore altrui; abbiamo banalizzato ogni cosa, abbiamo cancellato la sofferenza, la malattia, la stessa morte dai nostri riferimenti estetici e mediatici, diventando così delle creature aliene, disumane, apatiche, disilluse, tossiche e profondamente frustrate. Ci siamo rifugiati in una dimensione cupa e nichilista che risveglia l’attitudine più punkeggiante della band, ma anche il bisogno di spezzare il cerchio e di espandere, anche dal punto di vista musicale, le proprie conoscenze e le proprie percezioni verso nuovi orizzonti, creando un suono nuovo, increspato, graffiante e liberatorio; un suono che ingloba elementi emo, alternative country e folk rock, mentre i panorami che si aprono, dinanzi ai nostri occhi sono, quelli dell’America più viva e selvaggia, quella più pericolosa, ma anche quella più vera.
Questa è la normalità che ci manca, questi sono i profumi e i sapori che ci mancano, perché è esistito e può esistere anche un mondo che non è il frutto dell’odio politicizzato, della discriminazione nei confronti delle minoranze e di tutti coloro che adottano stili di vita ritenuti non in linea con i gusti della maggioranza o di una visione del mondo che vuole, necessariamente, l’America e i suoi alleati sempre dalla parte giusta e tutti gli altri paesi da quella sbagliata, provocando e tollerando, di conseguenza, scelte politiche aggressive e bellicose che non fanno altro che amplificare la rabbia, l’odio e la violenza, causando solo altra sofferenza, altra distruzione, altra morte, soprattutto tra le persone più semplici, più fragili e più indifese.
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