L’obiettivo dei Chemical Brothers è stato chiaro sin dall’inizio della loro brillante carriera e cioè fare in modo che la loro house e la loro techno, dense di contaminazioni di matrice psichedelica, grazie a melodie dal gusto morbido, fresco e radiofonico, si impossessassero, totalmente, del dancefloor. Certo gli anni Novanta sono ormai lontani, nuove generazioni, nuove mode, nuove tendenze, nuove tecnologie, nuovi software, nuove intelligenze e nuovi club sono comparsi all’orizzonte, ma le loro ritmiche irrequiete, la potenza dei loro synth e la loro naturale capacità nel creare un sound in grado di inglobare, nelle sue architetture elettroniche, funk, reggae, dub e trame space-rock resta qualcosa di unico, di vivo, di pulsante.
Una geografia umana e sintetica, che lascia la natia Manchester e si rivolge all’intero cosmo, per poi ritornare, puntualmente, al presente e rendere anche quelli che erano i loro big-beat del passato sempre un passo avanti, sempre uno straordinario richiamo per spingere le persone a raggiungere la pista, a ballare, a sprigionare le loro energie represse e sfoggiare la loro bellezza più ancestrale, innata e selvaggia, quella che affonda le sue radici nelle ritmiche, nei suoni, nei canti e nei rumori del continente africano. Sì, “Exit Planet Dust” è qualcosa di assolutamente distante, la navicella dei fratelli chimici è ormai, ad anni luce, dalla minuscola Terra, sta seguendo altre euforiche, acide e fantasiose orbite sonore: “Live Again” assume i contorni di un misterioso contatto con creature aliene, mentre “No Reason” da forza e consistenza alle nostre paure dinanzi a ciò che è sconosciuto, ma, contemporaneamente, rende omaggio al nostro naturale bisogno di rispondere alle domande che ci tormentano, anche a quelle che mettono a repentaglio la nostra sanità mentale e ci aprono le porte dell’ignoto, dell’oscuro, della fine. Anche perché, se continuiamo ad ignorare i segnali che stiamo ricevendo, se continuiamo ad ignorare il grido di dolore di questo pianeta, se continuiamo a ammazzarlo ed ammazzarci, l’epilogo fatale appare inevitabile e scontato.
Non è, però, nel DNA dei Chemical Brothers la resa ed, infatti, “The Darkness That You Fear” ha il compito di diradare le nubi oscure, spronandoci a costruire un nuovo ordine, una nuova politica, una nuova sensibilità, una nuova cultura, una nuova economia, che non siano, però, solamente creative ed accattivanti utopie musicali, ma fatti reali e concreti, ovvero un insieme di azioni, di comportamenti e di atteggiamenti quotidiani da cui possano generarsi quei colori che rendono, non domani, ma oggi, più vivibile, puro, pacifico, giusto e pulito questo mondo.
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