C’è un equilibrio magico di parole e di musica in questo disco; un equilibrio che è consapevolezza del proprio dolore, delle proprie debolezze e della fragilità umana, ma che è anche consapevolezza della bellezza del mondo circostante, della purezza delle sue leggi misteriose e dell’inevitabilità dei suoi cicli di morte e di rinascita.
Un mondo che sentiamo presente anche dentro di noi e che, con la sua silenziosa potenza, ci annichilisce, ci turba, ci spiazza e ci spezza il respiro, spingendo coloro che, come Mark Linkous, sono dotati di una sensibilità, di una fantasia e di una creatività superiore, a trasformare ogni dubbio in un nuovo suono, ogni pensiero in una nuova nota, ogni fantasma in una nuova, estrema, stupenda, terribile canzone. Ma quanti fantasmi potremo esorcizzare? Quante canzoni scopriremo scavando nelle nostre sofferenze?
Questa voce sottile, queste armonie in perenne lotta con il dubbio e la frustrazione, irradiano la loro luce aliena sulle nostre moderne e asfissianti esistenze, sono ossigeno talmente puro da poter bruciare, in un attimo, tutti gli schemi, i modelli, i meccanismi, le certezze che abbiamo, faticosamente, costruito, pensando così di poter tenere fuori l’amore, la disperazione, le colpe, il senso di vuoto e di solitudine che ci perseguita da quando iniziamo a porci le nostre piccole e grandi domande, mentre ci incamminiamo su quella meravigliosa strada che è la vita. Una strada sulla quale troveremo il Male, ma anche presenze gentili che ci offriranno ristoro, conforto o perdono. Ed a volte, potrebbero essere delle ombre di un altro mondo, un altro tempo, un altro universo, essenze amorevoli che riconosceremo dalla melodia e dalla pace che infondono anche agli spiriti più inquieti, più arrabbiati, più violenti, più disperati. Gli spiriti che “I Fucked It Up” getta in una distorta spirale di negatività, di errori, di mancanza di emozioni e, quindi, di qualsiasi forma di creatività, di gusto, di arte, di passione.
Sparklehorse si agita tra le macerie, attraversa le crepe dello spazio-tempo, è l’ombra gentile che ritorna dal passato, che emerge dal futuro, che muore e rinasce in ogni presente, come un uccello di fuoco del rock che ignora i nostri confini fisici, mentali o geografici e si getta in quello che è il nuovo giorno, il giorno che trascorreremo assieme, il giorno che “Stay” renderà, in un infinito personale di ricordi ed aspirazioni, di realtà e di visioni, per sempre più luminoso.
Comments are closed.