La dimensione eterea e cinematica, a cui danno consistenza sonora i Bleach Lab, ha la capacità di curare le nostre ferite passate e trasformarle in melodie catartiche, sospese in un mondo fatto di luci ed ombre, di chiaroscuri, di angoli nascosti e di intensi momenti di intimità, mentre le undici canzoni del disco indagano su ogni nostra esperienza, sulla sua influenza sui nostri rapporti e sulle nostre scelte, anche quelle che sono state assolutamente sbagliate. “Lost In A Rush Of Emptiness” non nasconde, infatti, il pericolo del vuoto che minaccia le nostre esistenze e che rischia di compromettere ogni relazione sociale ed affettiva.
Il lavoro di indagine della band inglese, svolto innanzitutto su sé stessa, è orientato ad un percorso terapeutico collettivo che consenta ai singoli brani di non chiudersi nel loro mondo dolce ed auto-assolutorio, né di non compiacersi delle proprie armonie, in straordinario equilibrio tra scintillante dream-pop e crepuscolari ondate indie-rock, ma di cercare il dialogo, il confronto, la confessione, anche quando le parole diventano macigni e il loro suono si fa insopportabile. Soprattutto quando vengono toccate tematiche dolorose, come quella degli abusi e delle molestie sessuali, che trasformano “Smile For Me” in un necessario e fiero momento di consapevolezza che esclude ed annichilisce quella che è solamente bestiale violenza. Ma ci sono anche passaggi, come in “Life Gets Better”, dove la vita si fa nuovamente pura, dove i sentimenti migliori emergono dall’oscurità e rinnovano la fiducia naturale verso le persone, verso quei rapporti che ci permettono di sfruttare, al meglio, il tempo e lo spazio che abbiamo a disposizione, liberi da ogni livore, da ogni legame tossico, da ogni ricordo doloroso, da ogni istinto bellicoso.
La strada, dunque, torna ad essere nostra, senza che la paura e le ossessioni l’abbiano vinta sul nostro desiderio di conoscere, di sorridere, di comprendere, di costruire, di avere qualcosa in cui credere ed affrontare il vuoto.
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