Inutile nascondersi, inutile negarsi, inutile fuggire nei paradisi artificiali prodotti dagli algoritmi invisibili che controllano la rete, tanto la realtà, con il suo carico di sofferenza e di dolore, prima o poi, verrà a chiederti di saldare il tuo debito e nemmeno i demoni virtuali ai quali hai svenduto la tua anima analogica potranno offrirti il loro effimero sollievo.
Consolazione mai, perché le consolazioni, come ci ha spiegato Pasolini, non esistono, è solo retorica a buon mercato, ottima per questo sistema politicamente corretto e sempre più ipocrita, ingiusto ed invasivo. Intanto le trame gotiche e dark-rock, le sfumature noir, le morbide ed accattivanti melodie elettroniche, capaci di entrare in sintonia con quella che è una raffigurazione sonora, assolutamente cruda e veritiera, del mondo circostante, scuotono i nostri spiriti dormienti, li gettano nelle acque gelide della malinconia, laddove le mitologiche sirene ci invitano a fermare la nostra nave ed ascoltare il loro suadente canto. Un canto nel quale possiamo specchiare quella vanità che ci condanna a vivere in un tempo finto ed immobile nel quale nulla invecchia, nulla si rompe, nulla muore.
“Valerine”, invece, ci conduce in una dimensione fantastica, in una sorta di passato prossimo venturo che corre lungo una suadente striscia d’asfalto che attraversa ogni inferno, ogni misterioso labirinto, ogni dramma, ogni dubbio, ogni paranoia, ogni amara medicina, per riportarci, finalmente, a casa. Una casa che potrebbe materializzarsi in un club della Berlino degli anni Ottanta, nelle profondità oscure del Lough Neagh, in una pioggia di meteore che bruciano, in maniera poetica, al contatto con l’atmosfera terrestre, in un sogno che narra di fatti, di eventi, di persone contorte ed ingarbugliate. Un sogno che, magari, all’improvviso, viene proiettato sullo schermo sul quale scivolano le immagini di una storia che noi non siamo più in grado di comprendere se sia reale oppure se si tratti solamente di un film.
E se “Human” ci attrae, con i suoi orizzonti digitali, verso una luce avvolgente ed abbagliante, “Scream” ci destabilizza, imprigionandoci in una dimensione surreale e distorta. Ma, a volte, solo se scendiamo nelle viscere di questa Londra brutale e malvagia, solo se tocchiamo con mano il tremendo vuoto col quale una società senza più riferimenti ed ideali giustifica la propria rabbia, la propria prepotenza, la propria arroganza e la propria violenza, possiamo comprendere quanto sia sciocco cercare una perfezione che è solo formale ed estetica, piuttosto che aggrapparsi all’acqua che continua a scorrere, al vento che continua a soffiare, alle nuvole che continuano a fuggire, alla vita che, nonostante tutto, nonostante bombe, droni e missili, continua a fiorire.
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