Ci sono morti ovunque, è la sacrosanta verità. Hanno occupato tutti i posti di comando; fanno parte degli organismi di potere, delle banche, delle università, delle multinazionali, dei partiti politici, degli eserciti, delle forze dell’ordine. Sono essi stessi il potere, un potere che invade, che manipola, che divide e che controlla.
E questi morti così potenti, invidiosi come sono, di tutto ciò che è vivo, di tutto ciò che cambia, di tutto ciò che evolve e si trasforma, di tutto ciò che appare diverso o troppo divertente, non fanno altro che alimentare la paura, convincendo le persone che là fuori, per le strade, nei parchi, all’aria aperta, ci sono solamente criminalità, odio, prevaricazione e violenza, così come nel paese accanto, nella città vicina, nel quartiere confinante, dall’altro lato delle montagne o del mare.
Meglio, dunque, se volete difendere le vostre comode vite, barricarsi nelle proprie abitazioni, nel proprio ristretto giro di conoscenze e di amicizie, nel proprio frustrante lavoro, nelle proprie ansie da prestazione, nelle proprie reciproche invidie, nel proprio stress da competizione, negli stessi bar e nelle stesse, medesime idee. Ed è così che quelli che erano ancora vivi, diventano anch’essi morti e, in quanto tali, si sentono parte di un sistema statico ed opaco, lugubre ed ostile, una macchina che si nutre di tempo, di speranze, di sogni e di passioni, una macchina perversa che iniziano a difendere con tutti i loro crudeli cervelli e i loro piccoli cuori defunti.
I Sego segnano, invece, quello che un ritorno alla vita, al rumore e alla diversità. Un ritorno ad una visione eterogenea del mondo, della musica, dell’arte e dei fatti, che, traendo spunto da trame accattivanti, oblique e punkeggianti, allarga, il più possibile, i propri orizzonti narrativi e sonori, spaziando da un indie-rock melodico, leggero e ballabile ad un rock alternativo, notturno e metropolitano, un rock per i sopravvissuti, per i vivi che riempiono le notti insonni delle nostre città, per quelli che non credono che il futuro sia solo una questione di budget, per quelli che vedono, ben oltre, il pianerottolo angusto del proprio appartamento. E soprattutto per quelli che non fingono di dimenticare le loro passioni, solo perché qualcuno, lassù in cima alla torre cannibale del potere, sta predicando, attraverso i suoi canali social, che non è più opportuno, che non è più bello, che non è più alla moda, che non è più conveniente, che non è più utile. Ma utile e conveniente, per chi? Per cosa?
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