Ritmiche crude, energiche ed incalzanti. Ritmiche che invadono i corpi, spronandoli a riprendersi il proprio indispensabile e dinamico spazio vitale, sfogando, magari, tutta la frustrazione e le ansie accumulate in anni ed anni di finto e meschino moralismo politically correct, di educazione tossica e misogina e, soprattutto, di dilagante disinformazione. Un vera e propria camicia di forza di conformismo e di sopraffazione, indossata senza che fossimo pazzi o pericolosi, ma, semplicemente, per tenerci buoni e sottomessi, convincendoci che troppa autonomia, troppe scelte o troppe conoscenze non avrebbero fatto altro che peggiorare le cose.
Ma quando mai le cose sono state migliori?
Da ciò nascono queste canzoni rabbiose, ma, allo stesso tempo, liberatorie, inclusive e tonificanti; ormai, il tempo delle attese comode, il tempo dei ricordi piacevoli, il tempo delle promesse agognate, il tempo delle isole felici, il tempo delle pubblicità progresso, del buonismo e dei luoghi comuni è decisamente terminato e, se non riusciamo proprio a vergognarci di noi stessi, di quello che siamo diventati, delle assurde maschere che indossiamo quotidianamente, dei politici ai quali ci affidiamo e delle menzogne in cui continuiamo a fingere di credere, allora è bene che una nuova veemente e coraggiosa sensibilità e una diversa visione del mondo, spazzino via, per sempre, ciò che abbiamo contribuito a costruire e che ci ostiniamo, per paura, per vigliaccheria o per mero interesse, a difendere. Perché la loro visione della realtà e degli eventi dovrebbe essere migliore,?
Perché piegarsi, quando, invece, potremmo stare dritti? Perché restare in silenzio, quando, invece, potremmo urlare? Perché restare immobili, quando, invece, potremmo pogare? Perché accettare le loro regole, i loro partiti politici, i loro media, le loro notizie, le loro guerre, quando, invece, potremmo essere più critici, più informati, più consapevoli?
Undici canzoni che oscillano tra emergenza e nevrosi, che affondano nel mare torbido dell’insensibilità collettiva, che accelerano improvvisamente e poi ripiegano su sé stesse, su un orizzonte cupo e malinconico, quello di un presente che sembra riuscire a trovare il prezzo per tutto, trovando, puntualmente, i nostri punti più vulnerabili e sfruttandoli per amplificare le nostre paure, le nostre debolezze o i nostri sensi di colpa, facendo leva su quelle forze negative che, utilizzando il sesso, la morale, la religione, la famiglia, il lavoro, le diverse tradizioni e culture, vogliono creare solamente conflitto, sfiducia, intolleranza e divisione, facendo credere a ciascuno che il male risieda, esclusivamente, nell’altro, nelle sue idee e nei suoi sentimenti.
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