Un miscuglio di suoni spiazzanti, di chitarre noise-rock, di trame industriali, di vapori tossici e punkeggianti, di pericolose ed irrazionali paranoie, di radiazioni elettro-magnetiche, di dispositivi sempre più piccoli, sempre più assuefacenti, sempre più minacciosi, sempre più cattivi, sempre più bramosi di carpire i nostri segreti inconfessati, i nostri bisogni, i nostri desideri, le nostre idee, i nostri ricordi, le nostre passioni e, persino, le nostre emozioni, così da riscriverle, a proprio uso e consumo, in base a quelle che sono le esigenze e le necessità di quelli che sono enormi giganti finanziari; giganti che stanno, letteralmente, divorando il pianeta, le persone, le città e, soprattutto, ogni forma di pensiero critico, libero, vero.
Kim Gordon mette al centro di questo suo nuovo lavoro, “The Collective”, il senso di privazione, di mancanza e di abbandono che infesta le nostre esistenze, queste sonorità claustrofobiche, lisergiche e taglienti penetrano, con violenza, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nella nostra stessa intimità, nei rapporti umani ed affettivi, lacerandoli, dalle fondamenta, per apporre il proprio bollino virale, il proprio narcotizzante codice a barre, il proprio insindacabile giudizio. Un giudizio che andrà a decretare il nostro successo o il nostro fallimento, nascondendo, dietro la maschera buonista e sorridente di un bravo cittadino, di un credente, di un patriota, di un padre, di un fratello, di un compagno, di un amico, di un amante, quella che è la versione autoritaria e brutale di un unico automa.
L’artista americana risponde a questo dilagante appiattimento, alle sue finte melodie, con uno substrato tumultuoso di dissonanze metalliche, di interferenze rumorose, di narrazioni crude, di parole decise, parole che richiedono il nostro impegno e la nostra attenzione. Parole che vibrano – attorno a noi – in questi spazi, ormai svuotati di umanità e trasformati in uno sfondo virtuale per narrazioni fasulle della realtà – come un ultimo, definitivo, segnale di allarme.
Vogliamo davvero vivere così? Non sarebbe, allora, meglio estinguersi? Scomparire per sempre? Domande che risuonano nelle nostre coscienze, tentando di riportarci a vedere le cose per come sono, a vivere quella realtà che ci siamo lasciati sfuggire, che ci siamo lasciati rubare, che abbiamo preferito cedere in cambio di quella che è solo un’illusione di sicurezza, di pace, di felicità.
Comments are closed.