Suggestioni, sensazioni, narrazioni che, nel corso degli anni, nei luoghi più disparati e distanti tra loro, continuano ad alimentare il mito, la leggenda che vuole che il lato oscuro della Luna sia sincronizzato, alla perfezione, alle vicende di Dorothy Gale nel magico paese di Oz. Ad iniziare dal tornado, che sconvolge l’esistenza della ragazza, trasportandola, contro la sua volontà, in un mondo alieno, tornado che pare essere in perfetta sintonia con la leggendaria “The Great Gig In The Sky”.
Il battito del cuore, lo scorrere inesorabile del tempo, la perdita delle proprie sicurezze familiari ed affettive, la voce della perfida strega dell’Ovest, il nero ed il blu, “Us And Them”, tutto sembra incastrarsi in maniera assolutamente naturale e sebbene Waters e compagni abbiano sempre negato qualsiasi tipo di commistione, di influenza o di interferenza tra il loro concept album e le scene della celebre pellicola di Victor Fleming, il legame, con il passare delle stagioni, si è fatto sempre più forte, sempre più spesso, sempre più reale.
In fondo c’è sempre stato un lato oscuro e malvagio in Oz, ci sono ombre ben peggiori delle streghe, ombre che tramano in stanze segrete, si tratta dei medesimi loschi figuri che riecheggiano in tutta la poetica watersiana, spietati Maiali il cui unico obiettivo è avere il controllo delle masse, manipolare i cuori e le menti, costringere le persone comuni ad uniformarsi ad un sistema costruito sulle menzogne, sul condizionamento, sulla repressione di ogni forma di sensibilità, di debolezza, di fragilità, di poesia, di diversità.
Pink, infatti, per sfuggire ai suoi fantasmi, viene proiettato in un mondo alternativo, violento e profondamente ostile; allo stesso modo, Judy Garland, nelle vesti di Dorothy, viene trascinata a forza in una dimensione allucinante, acida ed estranea, nella quale nulla è davvero come appare, nessuno è ciò che dice di essere. Oz è solamente un’illusione, proprio come solamente un’illusione era stata quella del mondo pacifico e solidale rivendicato dagli hippy, un’illusione che aveva fagocitato gli anni Sessanta, che aveva mietuto le sue vittime innocenti, che aveva mentito, colpevolemente, alle persone, spingendole, inesorabilmente, verso un baratro nel quale in molti, in troppi sarebbero sprofondati per sempre.
L’arcobaleno è tossico, il cielo è solo un posto per lanciare missili, bombe e droni, non esistono coincidenze astrali, e ogni idea, ogni sentimento, ogni emozione ed ogni rapporto, alla fine, si perderà nel suono tintinnante e meccanico dei registratori di cassa di “Money”, mentre quegli enormi e dispotici Maiali, nascosti dietro i loro bei slogan politici o i loro sacri simboli religiosi o i loro accattivanti marchi commerciali, contano, bramosamente, i dollari, gli yen o le sterline che sono riusciti ad accumulare anche oggi.
Oggi, mentre il Sole tramonta, per l’ennesima volta, alle nostre spalle, mentre noi ci ritroviamo, inesorabilmente, più stanchi, più consumati, più disarmati, desiderosi solo di tornare a casa. A casa, ovvero il posto più bello, come sostiene Dorothy pensando al suo Kansas, o a qualsiasi altra terra perduta. Ma siamo davvero sicuri di avere ancora la libertà di esigere questo diritto? Di avere un posto da poter chiamare casa? “Home, home again” e, per magia, in un respiro, tutto inizia, nuovamente, da capo.
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