Il superfluo riempie le nostre esistenze, le nostre giornate, le nostre case, i nostri rapporti umani. Il superfluo intrappola il nostro tempo, lo congela, altera le nostre percezioni, ci impedisce di scoprire e di seguire quelle forze e quegli istinti naturali che permeano la vita, in tutte le sue forme, sia quelle più astratte, che quelle più concrete.
La gravità ci tiene assieme, spinge le nostre singole individualità ad aprire un contatto osmotico, su un piano più etereo, su un piano più onirico, su un piano più armonico, nella dimensione rarefatta nella quale la band italiana espande il proprio post-rock cinematico ed atmosferico, alla ricerca di quel fondamentale passaggio introspettivo che chiamiamo condivisione; condivisione di idee, di pensieri, di stati d’animo, di sentimenti e di aspirazioni che sono incuranti delle distanze, delle epoche, delle differenti cronologie e delle differenti geometrie.
Una condivisione che ci conduce a trasformarci in energia costruttiva, mentre le sonorità vibranti dell’ultimo album degli Oslo Tapes mettono assieme, superando qualsiasi divisione, elementi più distorti ed altri più melodici, elementi che richiamano i chiaroscuri, psichedelici e jazzistici, di un eroico passato ed elementi che, invece, si gettano nelle spirali caotiche di un mondo che appare sempre più disunito, sempre più arrabbiato, sempre più sconvolto, sempre più intossicato.
E quando ciò che è superfluo sarà, finalmente, alle nostre spalle, potremo riconoscerci per quello che siamo, potremo tenere, persino, gli occhi chiusi e ammirare, contemporaneamente, la luce esplosiva del sole, esserne parte, assaporarne il potere profetico nelle nostre vene. Chitarre e sintetizzatori, ritmiche analogiche e sintetiche, spostano, intanto, l’attenzione degli ascoltatori verso un approccio agli eventi, ai luoghi, alle persone, alla società nel suo insieme, alla politica, al lavoro o alle istituzioni sociali, che tenta di rimettere l’essere umano al centro del discorso, un essere umano libero dalle dispute del passato, libero dall’odio del Novecento, libero da una visione assolutista di Dio, libero dal potere, libero dalla ingerenze iper-tecnologiche moderne, libero, soprattutto, dalle sue paure.
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