Un bar a notte fonda, i nostri drink appoggiati sul tavolino, li beviamo sotto un portico illuminato dalle luci a neon, al riparo dalle contraddizioni di questo paese, dai tanti luoghi comuni nei quali sta, velocemente, sprofondando, convinto che, alla fine, qualcuno o qualcuna dovrà, per forza di cose, salvarlo. Ed intanto, nell’attesa di questi pericolosi messia, non cambia mai nulla, i nomi che contano sono sempre gli stessi e la triste gentrifricazione dei nostri centri urbani ci sta trasformando, tutti, in una figurina scialba e sbiadita, in una catena di montaggio costituita da tante, molteplici, innumerevoli esistenze che scorrono, in maniera sincrona, in base a quelli che sono gli stessi meccanismi neo-liberisti, gli stessi modelli virtuali di sopravvivenza, gli stessi schemi politici, economici e sociali, che, ovviamente, proiettano la loro vorace ombra in qualsiasi ambito, compreso quello sportivo e, soprattutto, visti gli interessi finanziari e mediatici in gioco, quello calcistico.
Ogni tanto, però, qualcuno ci prova e riesce a sottrarsi a questa triste staticità, alle sue regole e ai suoi vincoli, alle sue arroganti pretese, rendendo possibile – anche in un mondo piuttosto prevedibile, ostile e scontato, come quello del pallone – ad una scintilla, ad un pensiero, ad una speranza, ad un sogno, di diventare un fatto compiuto, un evento da festeggiare, una gioia da condividere.
Una conquista, quella della squadra rossoblù, dei suoi tifosi, dell’intera città, che serve a dimostrare a coloro che si abbattono facilmente; a coloro che decidono di non volerci credere; a coloro che rinunciano, sistematicamente, a provarci; a coloro che scelgono, puntualmente, la strada più semplice – perché la considerano vincente – che i pronostici sono solamente un’arma ed uno strumento nelle mani di quelli che comandano, di quelli che vogliono farci sentire inutile, privandoci di ogni possibilità, di ogni alternativa, di ogni barlume di fiducia. Fiducia in te stesso, in quello che stai facendo, nei tuoi compagni di viaggio o di vita o di squadra.
Ecco perché, al di là dei primati, delle stelle conquistate, delle finali vinte o perdute, delle sterili polemiche, degli slogan e delle tante, troppe parole che, spesso, in questo mondo, così divisivo ed arrabbiato, servono solamente a sostenere i più forti0, questo campionato di calcio 2023-24 lo ricorderemo come quello della splendida impresa compiuta dalla squadra di Thiago Motta, da un Bologna che, finalmente, approda, con merito, senza dubbi, alla prossima Champions League.
Ci dicono, frequentemente, che la preziosa protezione del nostro passato, eroico e partigiano, si stia affievolendo, che non sia più utile e necessaria, che, anzi, nel mondo moderno, essa sia diventata eccessivamente limitante, solamente un vuoto sforzo retorico. Ma, invece, sono proprio queste imprese, questi eventi, questa passione, questo senso di appartenenza trasversale, a ricordarci che i Bolognesi esistono ancora. Possiamo avere idiomi e provenienze disparate, possiamo conservare tradizioni ed abitudini di luoghi lontani, siamo i figli e le figlie di tante diaspore, di chissà quali dolorose catene, ma siamo sempre un corpo comune, un corpo che viene accolto e che, a sua volta, continua ad accogliere chi non ce la fa, chi ha sempre perso, chi si sente solo, chi è stato lasciato indietro, chi non ha alcun santo protettore, chi è stato ingiustamente accusato o chi è stato costretto a subire il peso dell’ennesimo rifiuto, dell’ennesima frontiera, dell’ennesimo inganno, dell’ennesimo sopruso.
Perché i ricordi dolorosi rendono più forti le nostre radici e, quando le radici sono forti, nessuno potrà impedire a questi splendidi fiori di sbocciare.
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