Gli ultimi anni per i DIIV non sono stati facili. Tra questioni legali, dipendenze, allontanamenti, accuse, amarezza, cazzate e risentimento, la band era, praticamente, finita. Poi, come sappiamo, nel 2019 è stato pubblicato “Deceiver” ed ora, nel 2024, arriva “Frog In Boiling Water”, un disco cupo e viscerale, incentrato sul capitalismo, sui suoi dannosi effetti ambientali, sulle sue pericolose ossessioni mentali, sulle due derive bellicose e sul suo subdolo ed insano stato di perenne insoddisfazione. Ma si tratta anche di un lavoro che, allo stesso tempo, esprime il bisogno spirituale di quelli che, ormai, non sono più dei ragazzini, di raggiungere un sano ed appagante stato di equilibrio fisico e mentale.
Intanto, attorno a noi, assistiamo al fallimento delle teorie economiche neo-liberiste del Novecento, al ritorno dei suoi spietati ed agguerriti fantasmi, ad una folle ed insensata corsa verso armamenti sempre più micidiali, distruttivi e definitivi, mente le persone comuni sono sempre più indifese, sono sempre più sole, sono sempre più depresse, sono sempre più preda delle mire di un meccanismo di potere che ne sminuzza i sogni, le passioni, la fiducia, l’umanità.
I DIIV esprimono la loro e la nostra delusione, per tutti gli ideali e per tutte le promesse che sono state tradite, e lo fanno con dieci narrazioni musicali amare, che dietro le loro armonie e le trame più malinconiche, si configurano, in realtà, come l’inno funerario di un sistema sociale, economico, etico e giuridico che sta rapidamente crollando, una guerra dopo l’altra, una crisi dopo l’altra, un disastro dopo l’altro, una bomba dopo l’altra, nell’indifferenza colpevole dei media, delle istituzioni e di quel poco di politica che é ancora degna di questo nome.
Quanto a noi, preferiamo continuare a fingere e a tacere, a volte per paura, ma spesso per pura convenienza, seguitando a sorridere a quelli che sono evidenti soprusi, a smorzare i toni, a sminuire la gravità dei fatti cui assistiamo inermi, a mostrarci appagati o soddisfatti o realizzati, anche quando l’acqua, nella quale ci siamo volutamente immersi, sta diventando sempre più torbida, sempre più malsana, sempre più infetta e, soprattutto, sempre più bollente. Siamo, oramai, diventati insensibili agli altri, ma anche ai nostri affetti più cari, ai nostri amici e, alla fine, persino a noi stessi; ci siamo, infatti, convinti che, prima o poi, qualche altra diavoleria iper-tecnologica ci salverà e ci renderà migliori, e, perciò, perseveriamo con il medesimo vile e meschino atteggiamento, nascondendo le ferite, la sofferenza, il dolore e tutto il sangue con il quale sfamiamo questo iniquo ed ingiusto modello di sviluppo.
Questa rassegnazione frustrante si trasforma in un velo di oscurità che rende l’album teso e tormentato, denso di nubi oscure, di sofferente pathos, di atmosfere shoegaze darkeggianti, che proiettano gli ascoltatori verso una dimensione sonora monolitica, distorcente, obliqua, cruda e maniacale. Una dimensione che esprime tutta la nostra preoccupazione, la nostra ansia e la nostra rabbia, ma sono proprio queste percezioni negative che ci ridestano, che dimostrano che, in fondo, non siamo così assuefatti, così narcotizzati, così insensibili, così perduti, così rassegnati e così finiti, come hanno sempre voluto farci credere. Forse eravamo solamente disuniti, solamente concentrati in inutili, sciocche e superficiali competizioni, ma quando, invece, riusciamo ad abbracciare idee, concetti, valori e sentimenti collettivi e partecipati, possiamo ancora essere in grado di salvarci da soli, di uscire dalla spirale di bugie nella quale siamo imprigionati, di rifiutare un futuro che sia fatto soltanto di detriti, di rifiuti, di macerie, di veleni e di un interminabile, oscuro, tossico ed insensato lockdown.
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